La Grande Russia comincia a vacillare

Con il suo sistema economico e finanziario isolato, Mosca è lì che barcolla. Ma anche il resto del mondo paga un prezzo alto…

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Il fronte di guerra è devastante. Come avviene in ogni guerra a pagarne il prezzo più alto sono i civili del Paese sotto le bombe. L’Europa ha deciso di agire su due fronti. Uno, non del tutto compatto, riguarda la fornitura di armi. Difficile sostenere che ciò non rappresenti un atto di guerra, anche se per interposta persona. Su questo campo, i Paesi occidentali non pagano un prezzo troppo alto per il loro impegno.

C’è un secondo fronte e riguarda le sanzioni economiche. In questo caso Stati Uniti ed Europa sono stati compatti nel procedere. Per sovramercato stanno compiendo anche dei veri abusi, come quello di considerare i russi, solo per nascita, colpevoli dell’invasione in Ucraina. Ma il punto fondamentale è che su questo fronte la partita fa segnare perdite per entrambi i contendenti. I social media stanno chiudendo loro attività e monetizzazioni in Russia, così come importanti fabbriche da Volkswagen a Nestlé.

Le grandi multinazionali vendono le loro partecipazioni in società moscovite, come British petroleum, e i fornitori di tecnologia e chip non esporteranno più un dollaro di prodotti. I grandi marchi hanno cancellato la Russia dal mondo del commercio, da Ikea a H&M, da Nike ad Adidas. Le banche sono paralizzate. Anche la nostra Intesa, una dei più importanti istituti d’Europa, sta valutando la sua presenza nella nazione di Putin. Le borse azionarie, ha iniziato Londra, hanno dovuto sospendere le contrattazioni di titoli legati alla Russia e nei prossimi giorni Mosca potrebbe non pagare 107 milioni di dollari di interessi sul suo debito pubblico, andando in default. E ciò avverrebbe non già perché esso sia ingente, è infatti pari al solo 17 per cento del Pil (il nostro è del 150 per cento), ma per motivi tecnici.

Basti pensare che la Russia incassa ogni giorno 700 milioni di dollari dalla vendita di materie prime. E continuerà a farlo. Ma il suo sistema economico e finanziario è talmente isolato, che il paziente se non si è ancora beccato l’infarto, beh insomma è lì che barcolla.

Tutto ciò ha un costo non solo per chi ha invaso l’Ucraina. Ma anche per il resto del mondo: per le imprese occidentali che perdono un mercato importante (si pensi al lusso), e per risparmiatori e azionisti che vedranno gli effetti delle sanzioni nei loro portafogli.

Le sanzioni sono un’arma pericolosa. La Russia non è Cuba, che comunque ha resistito lustri con il blocco delle importazioni, e ha un partner pronto ad accoglierla come la Cina. E l’Europa ha quella maledetta dipendenza economica dal gas russo, che rende contraddittorio il suo comportamento: prova ad uccidere un fornitore a cui deve tutto.

Nicola Porro, Il Giornale 4 marzo 2022

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