Rassegna Stampa del Cameo

La Lega l’ha capito: vincere le elezioni non basta

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Una premessa: sono uno dei pochi che non conosce Mario Draghi, non ho alcuna informazione di prima mano su di lui, nulla so di come si comporterà da premier. L’occasione per conoscerlo la persi quando un amico (potente) mi contattò, a nome suo, per fissare un appuntamento: voleva offrirmi la carica di Ceo di un’importante azienda di Stato (allora era direttore generale del Tesoro, quindi l’Azionista). Pregai l’amico di scusarmi, ma incontrarlo per prendere un caffè, e poi dirgli di no, mi pareva inelegante. Avevo deciso che mai più avrei fatto il Ceo.

Un ringraziamento va al “bombarolo” Matteo Renzi che ci ha liberato del peggior governo e del peggior premier di ogni tempo. Così come a Mario Draghi e a Sergio Mattarella. Il Presidente ha inchiodato questo Parlamento, forse il più culturalmente e umanamente scadente, a un dilemma secco: o appoggiare il governo Draghi di salute pubblica o tutti a casa. Mattarella e Draghi rappresentano il meglio che passa oggi il Ceo capitalism dominante. I 950 parlamentari, in preda al terrore di perdere la sedia, si sono buttati tutti giù per terra, in primis i 5S, il partito più imbarazzante nella storia parlamentare.

Il perché della svolta leghista

La Lega, grazie a Giancarlo Giorgetti, ha finalmente capito che i governi, al tempo del Ceo capitalism, sono tutti di destra, seppur mascherati da sinistra salottiera politicamente corretta. Era incomprensibile come un partito di destra non partecipasse a un governo di destra come questo. Incomprensibile pure che all’opposizione ci vada l’altro partito di destra, FdI, mentre non ci vada LeU, ultimo rappresentante di una sinistra un tempo nobile. Quando capiranno che vincere le elezioni non basta. Se le vincono i non certificati scatta la legge del Dio Spread. Quindi, meglio inchinarsi in anticipo che farsi uccellare dopo. Occhio, siamo in un regime, all’apparenza mite, mascherato in PPF2, ma non fesso. E in un regime scatta la difesa primum vivere, deinde philosophare.

Governo Draghi, 3 super obiettivi

Tre i macro obiettivi assegnati:

1. Vincere la pandemia;

2. Completare la vaccinazione;

3. Impostare il Recovery e iniziare a risanare l’economia.

La modalità per raggiungerli? Draghi ha speso una settimana ad ascoltare tutte le delegazioni, anche le più ridicole, seguendo la nota strategia del silenzio a fronte dello sfogatoio, affinché prendessero atto che l’epoca delle chiacchiere e delle seghe mentali era finito. Quindi ha stilato un programma e ha formato un governo di salute pubblica. Come? In due mosse. Per i ministeri strategici, specie quelli interessati dai tre obiettivi, hanno deciso lui e il Presidente con personalità esterne di loro fiducia. Per tutti gli altri hanno scelto, sempre loro, politici presentabili di area, che però eseguissero gli ordini.

Quirinale, gli scenari futuri

I Partiti sanno che fra un anno Draghi potrebbe andarsene, e allora lo ritroveranno al Quirinale, proprio grazie ai loro voti. In quel momento, diventato Presidente della Repubblica, deciderà se sciogliere o meno le Camere. Oppure, qualora nel frattempo si fosse innamorato del nuovo lavoro, potrebbe decidere di rifiutare il Quirinale, e diventare il nuovo De Gasperi, rimanendo fino a fine legislatura e anche oltre, almeno fino alla conclusione del Recovery (2026). E senza dover farsi eleggere in Parlamento o (orrore) farsi un partito alla Mario Monti.

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