La mente totalitaria del governo Conte

Uomini e donne privati del loro maggior bene nel momento del maggior bisogno: la libertà

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Lo Stato moderno nasce con un’idea semplice ma vera: il controllo del potere. Infatti, il potere assoluto diventa teocratico e la teocrazia è un regime istituzionale in cui un uomo è Dio. Se lo vogliamo dire in due parole possiamo dirlo così: ogni potere per essere sia legittimo sia efficace deve essere limitato perché non esiste un sapere assoluto capace di legittimare un potere assoluto. Esiste un’eccezione? Sì, il governo Conte II in Italia. L’esecutivo dei “pieni poteri” che ha messo insieme la ingiustificata superbia intellettuale della sinistra e la volgare mentalità statalista del grillismo ritiene di sapere ciò che nessuno sa – il bene dell’umanità – e su questa presunzione fatale ha condannato un’intera nazione e i suoi sessanta milioni di abitanti a fermare vita e pensiero proprio come se Lui, il governo Conte e il Comitato tecnico-scientifico, ne fosse il padrone assoluto.

Si tratta di un’idea molto stupida. Non solo perché priva uomini e donne del loro maggior bene nel momento del maggior bisogno: la libertà. Ma anche perché non dà ciò che promette: la sicurezza. Il caso italiano dell’epidemia da Covid-19 è esemplare, praticamente un caso di scuola: il governo prima ha sottovalutato tutto – si ricorderà che Giuseppe Conte andò in televisione da Lilli Gruber e disse: “Tutto è sotto controllo” – quindi è stato intempestivo ed ha chiuso le stalle quando i buoi-virus erano scappati. Ma poi, per completare il capolavoro, si è presentato altamente impreparato alla cosiddetta Fase 2: infatti, non ha organizzato sul territorio la strategia metodica della “sorveglianza attiva”, che si basa sulla trafila di tamponi, positivi, isolamento, tracciamento e oggi il virologo Andrea Crisanti, il sociologo Luca Ricolfi, il giurista Giuseppe Valditara firmano sul Corriere della Sera un appello affinché finalmente il governo, fuori tempo massimo, cambi finalmente rotta e faccia i tamponi di massa perché è dimostrato che più tamponi equivale a meno morti.

Il disastro italiano, ossia l’elevatissimo numero di morti e l’impoverimento complessivo del Paese, era evitabile o era annunciato? Pur considerando sia la difficoltà del problema epidemiologico sia la sua rilevanza mondiale non si può fare a meno di vedere che in Italia il morbo ha incontrato il terreno fertile della mente totalitaria e della cultura statalista. Non è per nulla un caso che proprio in Italia si è sùbito innescato il folle dibattito: meglio la Cina o meglio l’Occidente? Meglio la dittatura o meglio la democrazia? Solo chi non crede nella propria civiltà e solo chi non conosce il valore insopprimibile della libertà può porsi domande di questa natura.

La libertà, infatti, non è un ostacolo alla sicurezza ma è la sola cultura, tanto umanistica quanto scientifica, sul cui terreno può crescere e si può ottenere sicurezza. Una sicurezza – ecco il punto da chiarire e tenere sempre bene a mente – che per quanto ben concepita e ben realizzata sarà sempre relativa perché il concetto di sicurezza totale si dice ma non si pensa. È un’illusione, non una realtà. Un’illusione che si paga a caro prezzo perché lo Stato Sicuro o Totale è irresponsabile per definizione perché è incontrollabile. E allora chi sarà responsabile? Chi pagherà, anche con la vita? Gli ex cittadini.

Gli stessi discorsi dei costituzionalisti – sia quelli seri, sia quelli semiseri, sia quelli della domenica – sul cosiddetto equilibrio dei diritti (salute, sicurezza, lavoro, proprietà, libertà individuali) lasciano il tempo che trovano se considerano la libertà un diritto tra i diritti, mentre la libertà è proprio ciò che permette di concepire lo stesso equilibrio. È stranoto, infatti, o dovrebbe esserlo, che nemmeno la celebre dottrina dell’equilibrio dei poteri di Montesquieu è in grado di garantire libertà se noi a nostra volta, come osservava con rigore Croce, non abbiamo quella indispensabile cultura della libertà che ci permette di pensare con la testa e di attuare con il coraggio l’equilibrio e la limitazione dei poteri. Insomma, colui che si priva della libertà per vivere in sicurezza è come quel tale che si privò dell’aria per respirare.


Questo è il cuore di tutta la vicenda che abbiamo vissuto in questi mesi e nella cui storia ancora siamo: la cultura della libertà è garanzia di sicurezza mentre la subcultura della sicurezza non solo è garanzia di illibertà ma anche di insicurezza. Lo Stato moderno riposa sul rapporto tra sicurezza e libertà: non c’è l’una senza l’altra. Con l’avvertenza, però, che il primato spetta sempre alla libertà. Se, infatti, attribuiamo il primato alla sicurezza diventiamo vittime o di un inganno o di un autoinganno in cui il governo di turno o il comitato o il giudice o lo scienziato o l’ingegnere o il militare – mettete voi la figura che vi aggrada – riesce a negare insieme sia la libertà sia la sicurezza.

Oggi, purtroppo, questa mentalità totalitaria, che s’incrocia con una certa vocazione al servilismo e alla servitù e a farsi accudire materialmente e spiritualmente dal paternalismo statale, è diffusissima nelle classi dirigenti che altro non sono che il frutto della mezza cultura dell’uomo-massa. È da qui che nasce l’idea illiberale che ci debba essere sempre qualcuno o qualcosa, un Ente o un’Organizzazione, che autorizzi il nostro pensiero e il nostro volere. È l’idea scema e pericolosa di mettere le braghe al mondo. È la decadenza della libertà.

Giancristiano Desiderio, 6 maggio 2020

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