La minaccia dello Stato “benevolo”

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L’uomo contro lo Stato

La conflittualità tra l’uomo, l’individuo, e lo Stato, non è questione contemporanea e destinata a passare, ma fenomeno costante lungo tutta la storia delle istituzioni umane. E se vi è qualcosa di buono nel caos liberticida che stiamo attraversando, è che ci viene più facile ricordare, capire e vedere come lo Stato non sia l’unione di tutte le volontà individuali (pura utopia!) ma un ente che vive di vita propria e spesso a spese delle libertà degli individui.

Nel corso dei secoli, sempre di più, ciò è avvenuto in maniera subdola e strisciante, all’apparenza benefica, come anche in questo momento (ci viene detto che tutte le limitazioni alla libertà avvengono soltanto per il nostro bene).

Tuttavia, la coercizione ora è tale da spingere persino una società così abituata a credere alla benevolenza dello Stato a, come minimo, interrogarsi sui reali effetti di tale coercizione, sulle sue conseguenze e sull’apparente irreale necessità.

L’uomo contro lo Stato (Liberilibri) di Herbert Spencer – pensatore da riscoprire al di fuori della calunniosa immagine che si è data di lui di spietato darwinista sociale, quando invece era un pacifista di grande carica umanitaria – è un classico del pensiero liberale e nonostante sia stato pubblicato negli anni ottanta dell’800 è ancora, ahinoi, assolutamente attuale. Tratteggia con chiarezza la continua espansione dei poteri pubblici evidenziando come “La grande superstizione politica del passato era il diritto divino dei re. La grande superstizione politica del presente è il diritto divino dei parlamenti”.

E questo per dire come, in realtà, il modo in cui viene percepito il potere che ci governa ha sempre un che di mistico, di inattingibile. Non è un caso che Spencer parli di “diritto divino” ovvero faccia riferimento all’aspetto sacrale di cui si riveste il potere per legittimarsi perché determinate strutture istituzionali tendono a imporsi in maniera dogmatica, fideistica, come fossero una religione laica.

Spencer avversa questa sorta di superstizione politica per andare decisamente in direzione di quello che deve essere il principio cardine delle società più evolute, ovvero quello della “legge dell’uguale libertà”, per cui ciascuno ha diritto al massimo di libertà compatibile con la libertà altrui. Libertà determinata quindi dalla responsabilità individuale, considerando i cittadini per quello che sono: persone adulte in grado di badare a se stessi, di determinarsi, creare, produrre, rischiare (!) e agire in libertà, assumendosi la responsabilità di tale libertà.

Nella sua introduzione al testo di Spencer, Alberto Mingardi scrive: “Ridicolizzando l’antico precetto vis medicatrix naturae, abbiamo finito per riaffermare una sorta di pensiero magico. Vediamo la realtà sociale come una concatenazione di cospirazioni, siamo sicuri che non c’è male sociale che non sia facilmente cicatrizzabile, una volta individuato il colpevole. Il mondo in cui viviamo non è mai stato tanto complesso, e noi seguitiamo a credere che gli interventi mirati di un pianificatore benevolente possano raddrizzare qualsiasi torto. I ripetuti fallimenti dello Stato non ci fanno passare il desiderio di invocare più intervento pubblico.” Quanto tutto ciò sia attuale e, purtroppo, reale in questo tempo dovrebbe risultare autoevidente.

 

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