Cultura, tv e spettacoli

Rai Lgbt, Claudio Lippi scomunicato perché ha detto la verità

Viale Mazzini condanna le uscite del noto conduttore sui gay nella tv pubblica: “Escluso qualsiasi tipo di collaborazione”

Lippi Rai

“Caro Max, come mai non ti vediamo mai in televisione?”. Forse perché ho scritto e sottoscrivo quanto appena detto da Claudio Lippi e senza nemmeno la captatio benevolentiae per donna Giorgia, che non conosco, che non posso vantarmi di frequentare, e che non mi interessa presti il suo sorriso alla Rai: un po’ eccessivo, forse, ma sul resto Lippi ha detto la verità scatenando la coda di paglia del servizio pubblico che è più lunga del ponte di Messina.

Che in Rai ci sia una lobby gay, ramificata, trasversale, ci vuole davvero il coraggio della vergogna a negarlo. Che molti lì dentro ci siano esclusivamente per meriti fluidi non è nemmeno discutibile, è più che evidente. Che qualsiasi programma sia improntato a messaggi neanche tanto subliminali nel verso gender è più evidente della truffa sui cambiamenti climatici. Tutto uno svolazzare di drag queen, di travestiti, di non binari, di ambiguità che ormai non sono più ambigue perché gli unici ambigui lì dentro restano, quando ci vanno, Al Bano e poco altro. Non è un giudizio e non c’è moralismo, va tutto benissimo, è solo la realtà fatta e finita, quello che c’è e che si vede, poi se nella Rai di Coletta, che aveva per espressa e confessa missione (compiuta, ma era facile) quella di arcobalenizzare l’azienda, si preferisce vedere quello che non c’è, è altro discorso. Ma allora non se ne vantassero.

Il fronte trasversale va da Diaco a Matano passando per Malgioglio e i millanta palettini o letteroni, collega conduttori, ospiti, speaker del telegiornale, dai, su, se uno di questi si sposa con compagno l’azienda sviluppa una copertura che neanche Carlo e Camilla. Ci sono programmi, come quello, fantomatico, sulle drag queen di Alba Parietti, costruiti solo per questo motivo, il fine è in sé, è il gender che si autolegittima; che poi non vengano ancora trasmessi, che ammuffiscano nel magazzino teche è solo una questione strategica, di mercato: con l’aria che tira, temono il floppone annunciato: tanto hanno tirato la corda in America, che sono riusciti a esasperare perfino i californiani, gli hollywoodiani, i bevitori di birre “transgender”, è uscito fuori un modo di dire di crudele verità: go woke, go broke, vai woke e vai fallito, finisci male.

L’overdose di messaggi, di attitudini superultragender ha saturato e non si capisce perché diavolo uno banale, dalla sessualità banale, binaria, magari sposato e genitore senza alchimie, senza incantesimi da apprenti sorcier, dovrebbe mortificarsi, dovrebbe scusarsi. Non si capisce cosa ci sia di infame nel sentirsi ciò che si è, nel non volersi tagliuzzare o amputare per poi riattaccare, facendo la fortuna dei “chirurghi sessuali”. Non si capisce perché uno dovrebbe andarsi a nascondere in quanto maschio bianco etero e genitore naturale. Basta recarsi a Sanremo di febbraio e quando dico andarci intendo proprio andarci: la proiezione televisiva non basta a rendere quell’aria speciale che si respira all’Ariston e per tutto l’ambaradan in quei giorni, uno come me lo fiutano subito e lo guardano come un rettile.

Ora, Claudio Lippi ha detto precisamente questo: la Rai lo ha fulmineamente scomunicato, peggio del Sillabo, in fama di eretico. Finendo per confermare i suoi assunti, più o meno discutibili. E la coda di paglia fruscia con violenza di terremoto. E gli ascolti chissà: go Rai, go broke. C’è un’altra annotazione che resta da fare a margine, ha a che fare con il presunto regime nazifascista inaugurato da donna Meloni che deporta i poveri miliardari come Fazio e Litti, Saviano e Gramelly, che dà la caccia ai gay e trasforma la Rai in un bivacco di manipoli: davvero? Ma siete seri? Il primo che alza la mano e fa un complimento a lady Giorgia e denuncia lo stra-stra-strapotere gender in Rai, la Rai lo rimuove come un calcolo. Eddai, essù.

Qui non si tratta di difendere Claudione, 78 anni, diversi acciacchi e la voglia di rientrare probabilmente castrata per sempre, qui si tratta di non voltarsi dall’altra parte quando uno dice la verità. Siamo pieni di diplomatici per quieto vivere disposti ad avallare le panzane più immonde, dal greenpass che, proprio come la Rai di Renato Zero, “ci fa vivere sssani”, ai cambiamenti climatici colpa dell’uomo capitalista, agli attivisti climatisti, all’Europa che pensa a noi (ci pensa: per ammazzarci meglio), a Bibbiano paradiso dei bambini che da soli evadono dalle famiglie per raggiungere Foti e i suoi collaboratori. E la Rai omofoba e non abbastanza gender. Eddai, essù.

Intanto, a Bari hanno invitato Bruna, viado che Gramelly considera ragazza perché se lo dice da solo, quello che si esibiva davanti ai bambini della scuola minacciando di infettarli. “Madrina” del carrozzone arcobaleno all’insegna dell’utero postal market, della propaganda gender all’asilo, delle peggiori istanze del momento. Go woke, go in Rai, go al Gay pride, anzi vedrete che la povera viado martire finirà anche lei al servizio pubblico, opinionista, conduttrice, quello che sarà.

Max Del Papa, 9 giugno 2023