La rivoluzione grillina finita con i pernacchi

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Il caro vecchio detto di James Bond – “mai dire mai” – è una massima di vita quasi infallibile. “Mai con Mastella”, dicevano i grillini, mai con i trasformisti e i voltagabbana. E, invece, il mastellismo è diventato una sorta di normalizzazione del M5s. Tanto che i traditori di ieri sono i patrioti di oggi: i responsabili e i costruttori. Così i grillini svincolandosi dal vincolo di mandato sono passati dalla Piattaforma Rousseau alla Piattaforma Mastella e hanno fatto della cosiddetta “parlamentarizzazione della crisi di governo” il loro nuovo dogma. Però, solo se avranno i numeri, solo se potranno fare perfino un governo di minoranza, perché loro credono di governare per diritto divino a dispetto di tutto e di tutti, soprattutto a dispetto della decenza.

La verità, diceva un tale che ne aveva viste di tutti i colori, è un’opinione che fa le capriole. Tuttavia, mentre Clemente Mastella – come ha detto proprio lui – si muove secondo un atto d’amore o amor di patria, i grillini sanniti sono ancora mossi da astratti furori e gli fanno la guerra. A Benevento il Pd e il M5s hanno siglato un accordo politico per il prossimo voto comunale di primavera, già ribattezzato “Patto di via Rampone” perché stipulato a casa della consigliera grillina Marianna Farese in via Salvatore Rampone. I grillini adottano il mastellismo contro Mastella.

L’esigenza romana di avere un pugno di uomini e di donne a sostegno di Conte ha prodotto a Benevento la santa alleanza tra Pd e M5s la cui ambizione è far passare Mastella sotto le storiche Forche caudine e conquistare Palazzo Mosti. A casa Farese, riferisce il quotidiano cittadino Il Sannio, erano presenti esponenti dei grillini e dei democratici: il capogruppo del M5s in consiglio comunale, Anna Maria Mollica; il vicesegretario provinciale del Pd, Giovanni Cacciano, che di fatto regge il partito dopo la sconfitta elettorale del segretario Valentino vicino a Umberto Del Basso De Caro; il segretario cittadino del Pd, Giovanni De Lorenzo. Non vi erano, invece, rappresentanti del movimento Civico 22, guidato da Angelo Moretti, ma l’idea semplice dell’accordo politico è unire tutte le forze contrarie a Clemente Mastella, comprese figure centriste e socialiste come Erminia Mazzoni e Luigi Diego Perifano. Il Pd è pronto a tutto pur di non avere una politica.

Chissà se Mastella si è pentito del suo slancio amoroso verso il governo Conte. Certo è che ha fatto non uno ma due passi indietro: “Siamo responsabili, mica fessi”. Eppure, Mastella è un bene nazionale e come tale va tutelato: se Renzi ha mostrato che il re è nudo, Mastella ha dimostrato che i grillini non sono dei voltagabbama ma dei super-voltagabbana: una sorta di superuomini della voltagabbana che, come Luigi Di Maio, non hanno paura di essere ridicoli e di essere presi a fischi e pernacchi. A volte i barbari non possono essere romanizzati e sono i romani che vengono barbarizzati. Ecco perché, come insegnava Eduardo nelle vesti di don Ersilio, per fare una vera rivoluzione non ci vogliono coltelli e pistole ma un fragoroso pernacchio. La rivoluzione grillina è finita come meritava: con il pernacchio.

Una volta fu proprio Mastella a dirmi – ma non lo disse solo a me – che il movimento rivoluzionario di Grillo & Casaleggio si sarebbe normalizzato soltanto assumendo responsabilità di governo. Una “profezia” che si è rivelata vera solo a metà. Infatti, il M5s, che è il partito di maggioranza relativa, ha governato prima a destra con il Conte I e poi a sinistra con il Conte II ma la vera normalizzazione non si è avuta con l’esperienza governativa, contrassegnata dai monopattini e i banchi a rotelle e il reddito di sudditanza, bensì con l’esaltazione del Parlamento che, forse, è stato sì aperto come una scatoletta di tonno, secondo la figura demagogica del comico di Genova, ma per estrarvi il succo del trasformismo parlamentare. Quando era praticato dagli avversari era considerato un disvalore e ora che è praticato all’ennesima potenza dagli stessi grillini è giudicato non solo come una risorsa ma addirittura come patriottismo. Mai dire mai.

Giancristiano Desiderio, 17 gennaio 2021

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