Politica

“La scienza ormai è diventata una religione”

Il potere salvifico dato ai vaccini e la lenta quanto iesorabile perdita delle libertà. Porro parla alla Verità

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Intervista a Nicola Porro di Federico Novella per La Verità del 27 dicembre 2021

Vi prego: trattateci da adulti». Questo lo sfogo di Nicola Porro, dopo l’ennesima stretta sanitaria del governo. Il conduttore di Quarta Repubblica, che tornerà in onda su Rete4 il 10 gennaio, rilancia l’appello contro il paternalismo spinto di chi gestisce la pandemia.

Con il mega green pass la musica non è cambiata?

«La mia rispettosa richiesta di essere trattati da adulti nasce da un principio sul quale sono un po’ fissato. Lo diceva Piero Calamandrei, non certo un pericoloso sovversivo: la libertà come l’aria, ti accorgi di quanto vale solo quando viene a mancare».

Una deriva lenta ma inesorabile?

«All’inferno si scende a piccoli passi. Abbiamo accettato dal governo Conte le certificazioni per uscire di casa. Abbiamo accettato i dpcm. Abbiamo accettato le regole sui nostri comportamenti declamate la sera alla televisione. Abbiamo accettato il lockdown per due mesi. Abbiamo accettato il coprifuoco per sei mesi. Abbiamo accettato le mascherine all’aperto. Abbiamo accettato la guerra mediatica contro quelli che, pur vivendo insieme, si scambiavano un bacio sul pontile di Forte dei Marmi. Insomma, abbiamo accettato tutto e, quel che peggio, siamo pronti a farlo di nuovo. Se domattina il governo dicesse che dopo la terza dose bisogna mangiare più verdura, lo accetteremmo senza proteste».

Tutti i provvedimenti che hai citato vengono dimenticati dalla massa con una velocità impressionante. Insieme con la durata del green pass, si è accorciata anche la memoria collettiva?

«Si, torniamo al principio di partenza: vorrei che il governo ci trattasse da adulti, e non da bambini con la memoria corta. Io non sono preoccupato delle piccole misure in sé, quanto piuttosto dalla tendenza generale che si sta imponendo. I governi servono tutto sommato a mettere un po’ d’ordine nella convivenza sociale, siamo noi che ce li scegliamo. I governi nascono per essere al servizio dei cittadini, mentre oggi sono i cittadini a essere al servizio di un bene supremo che solo i governanti hanno il privilegio di conoscere».

La vignetta di Beppe Fantin

vignetta Beppe Fantin

Il fatto che ogni settimana spuntino nuove misure implica che quelle vecchie non hanno funzionato?

«Esatto, e ogni volta la nuova misura non viene giustificata in modo serio. Mi aspetto che qualcuno dica: ragazzi, questa e una malattia che non sappiamo come sconfiggere, non abbiamo certezze, andiamo per tentativi. Questo sarebbe un comportamento “adulto”».

Invece?

«Invece vengono a dirti anche stavolta che la nuova misura è necessaria, fondamentale, indispensabile e sicura. E poi tutte e quattro queste categorie dell’assoluto vengono puntualmente smentite. Parliamoci chiaro: io sono un deciso vaccinista, ma sono anche convinto che, a causa di questa comunicazione vaccinale sbagliata, in Italia ci sono milioni di persone favorevoli al vaccino che, spaventate, decidono di non farlo».

Intendi dire che i no vax sono figli degli errori comunicativi del governo?

«Mettendo da parte i terrapiattisti, se oggi esistono i no vax è semplicemente colpa delle false certezze della comunicazione ufficiale sui vaccini. Se ci avessero detto, come si era capito fin dall’inizio, che i vaccini sono semplicemente uno strumento per aiutarci a non crepare, probabilmente sarebbe andata meglio. Invece hanno reso il vaccino un dio in terra. Quando tu rendi la scienza una religione, sbagli in partenza: e non lo dice Porro, ma Karl Popper. Quando la scienza è affidata alle prediche di Roberto Burioni e non al pragmatismo di Francesco Vaia, finisci per alimentare quella zona grigia di persone che pur non avendo pregiudizi sul vaccino, restano paralizzate dai dubbi».

É la famosa eterogenesi dei fini di Giambattista Vico: conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali. Allora il green pass a cosa a servito?

«Al green pass è solo un esercizio burocratico volto ad affermare un potere. É una scelta puramente politica, che non ha nulla a che vedere con la sanità. Che il green pass fosse inutile sul piano sanitario, lo sapevano tutti prima ancora che venisse varato. Allo stesso modo, tutti sapevano che era inutile chiudere le frontiere con il Sudafrica, perché la variante omicron sarebbe arrivata comunque. Stesso discorso per la decisione di Roberto Speranza di chiudere i voli tra Londra e con il sogno di fermare la variante Delta. Ecco, tutte queste scelte politiche arbitrarie sono state prese con arroganza, senza verifiche, e soprattutto senza conseguenze. E questo perché ogni decisione viene elevata a Verbo della grande religione sanitaria, quella dei sommi sacerdoti che ci guidano da due anni».

Forse ti aspettavi che nella conferenza stampa di fine anno Mario Draghi ammettesse gli errori di comunicazione sul lasciapassare verde?

«Probabilmente errori ne ha fatti, ma credo che Draghi riesca comunque a surclassare il suo predecessore. Molto meglio i consigli comunicativi di Paolo Cirino Pomicino a Draghi, rispetto a quelli di Rocco Casalino a Conte. Ma il problema serio è un altro».

Cioè?

«Se il capo del governo arriva in conferenza stampa e la stragrande maggioranza dei giornalisti presenti si alza per applaudirlo, allora il problema non è Draghi, ma la stampa che non sta svolgendo il suo ruolo. Ed è complice da tempo di questa liturgia del terrore».

Il presidente Sergio Mattarella ha detto che il problema dei media è quello d’aver dato troppo spazio ai no vax.

«Non ho mai dato spazio ai no vax, ma penso che il problema dei media sia esattamente l’opposto: non aver mai avuto un atteggiamento critico nei confronti delle misure governative. Senza che Mario Monti lo esplicitasse, i media hanno somministrato un’informazione molto poco democratica».

Draghi è stato già mediaticamente incoronato presidente della Repubblica?

«A scegliere il presidente sono soprattutto gli stipendi dei parlamentari. Nella mancanza totale di partiti strutturati, l’unica cosa che interessa oggi a deputati e senatori è avere un capo dello Stato che garantisca la fine della legislatura».

É prematuro, ma cosa prevedi per il Quirinale? Per ora i nomi veri in campo sono Draghi e Berlusconi.

«Io penso che Berlusconi al Quirinale sarebbe la vera grande novità. Vorrebbe dire rompere finalmente quel sistema politicamente corretto che dura da tanti anni. Rappresenterebbe una rivincita per tutti quelli che si sono sentiti di serie B rispetto al pensiero dominante. Ed è un’eventualità che mi farebbe godere come un riccio».

Di certo supereremmo quel veto ideologico che impedisce alla metà di italiani che vota centrodestra di vedere un proprio rappresentante sul colle più alto.

«Esatto, ritrovarsi un altro personaggio di sinistra al Quirinale sarebbe assurdo. Se Berlusconi diventasse capo dello Stato ci sarebbe un’altra conseguenza: chiunque vinca le prossime elezioni non subirà i soliti giochetti di ostracismo. E quando parlo di giochetti intendo quelli portati avanti dagli ultimi presidenti della Repubblica nei confronti di vincitori elettorali che non rientravano nel gradimento quirinalizio».

E se non ci fossero le condizioni per Berlusconi?

«Non vedo perché non dovrebbero esserci, visto che il centrodestra a maggioritario tra i grandi elettori. Se così non fosse, mi risulterebbe difficile pensare a una bocciatura di Mario Draghi, che vanta solidi agganci con l’establishment europeo, e che ha pronto l’appoggio degli americani e della Santa Sede».

Ultimamente ti sei occupato spesso di disastri giudiziari. Nel caos delle correnti e delle vendette tra magistrati, il prossimo inquilino del Colle dovrà giocoforza fare ordine?

«Oltre all’omologazione sanitaria, oggi la piaga principale la strage, il fallimento della giustizia, in tutti i campi. Il capo dello Stato è anche il presidente del Csm, e da questo punto di vista le garanzie che mi da Berlusconi sono superiori a quelle che fornisce Draghi, circa la possibile rivoluzione dei rapporti».

I rapporti con la magistratura non sono forse un punto debole di Berlusconi sulla strada del Colle?

«No, sono un punto debole per chi ne subirebbe le conseguenze. Invece è ovvio che Draghi sarebbe molto più conservatore di Berlusconi nella gestione della giustizia. Insomma tu pensi che lo stato della giustizia italiana sia cosi rovinoso da richiedere un presidente decisionista?

«Togliamoci dalle scatole l’idea del presidente della Repubblica super partes. Noi abbiamo avuto esclusivamente presidenti della Repubblica perfettamente calati “nella” parte: tutti inclinati verso governi di sinistra, e attentissimi a non rompere gli equilibri del potere giudiziario. Meglio un capo dello Stato che prende posizioni alla luce del sole, rispetto a uno che lo fa sottobanco».

 

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