La scuola di Stato è un concetto comunista

Senza carrozzone statale, il Paese risparmierebbe. E potrebbe garantire borse di studio ai meritevoli

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Tra i commenti al mio primo articolo sulla scuola statale italiana, quello in cui consigliavo di abolirla del tutto, mi hanno colpito quelli che non si capisce che cosa ci stiano a fare su un blog dichiaratamente liberale. Non parlo di quelli che fanno sentire spiritoso chi li scrive e cadere le braccia a chi li legge (perché era convinto che i frequentatori di un blog controcorrente fossero tutti smart). No, parlo di quelli comunisti. Sì, comunisti. Perché pensare che senza la scuola di stato possono istruirsi solo i ricchi è da comunisti, e di quelli vetero.

Infatti, era la vecchia e frusta manfrina dei sinistri, i quali si ergevano a difesa del carrozzone statale solo quando era in discussione la loro leadership. Leadership, al solito, coi soldi del contribuente. Se tutto è dello Stato, tutto è di chi dello Stato si appropria. Cioè, di loro, da sempre abilissimi nell’unico sport che sanno praticare: una minoranza di furbi che opprime tutti gli altri. Quanto costi allo Stato (cioè, al popolo) annualmente uno studente statale in rapporto al costo di uno privato ormai è stato detto e stradetto. E sarebbe il meno se, in cambio, lo studente statale imparasse qualcosa che non siano gli slogan di regime. Se la scuola di stato sparisse, lo Stato -cioè noi- ne avrebbe un risparmio stratosferico. Scuola per tutti? Tutte private. Tutte e solo. Chi non può pagare? Il risparmio di cui sopra garantirebbe borse di studio ai meritevoli. Di scaldabanchi il Paese non ha bisogno, e non ne vuole più.

Pensate solo al vandalismo scolastico. Eh, so’ regazzi! Sì, ma se il banco che imbratti o incidi è tuo, chi ti paga la retta ti farà passare la voglia di sciuparlo. Anzi, sarai tu stesso a difenderlo dai compagni malintenzionati. Avete mai visto quei vecchi film americani anni Trenta in cui, nella cittadina, il figlio di Jack è una cima ma non ha il soldi per il college? Avete visto come tutti i bottegai della cittadina si autotassano perché il figlio di Jack possa studiare? Ecco un perfetto esempio di liberalismo.

Oggi, negli Usa, è un po’ diverso, sì, ma non troppo. Ed è il motivo per cui sono davanti a noi di almeno vent’anni. Si chiama concorrenza, perché tutti offrono lo stesso prodotto. Certo, in un sistema in cui le scuole sono tutte e solo private ci sarà anche quel preside che cerca di attirare iscrizioni offrendo corsi di danza del ventre o di rap. Ma le famiglie pagano perché il ragazzo diventi qualcosa di meglio di un rapper e la ragazzina di una baiadera.

Perciò, proprio la concorrenza indurrà quel preside a desistere. Anzi, a non pensarci nemmeno. E voglio spezzare una lancia anche a favore della divisa scolastica, come in Inghilterra o in Giappone: favorisce i meno abbienti, perché non debbano vedere il compagno griffato come loro non possono permettersi. E questa trovata dovrebbe andar bene anche ai comunisti.

Ps. Prevengo l’obiezione: i rapper che fanno i soldi sono pochissimi, gli altri è già tanto se scansano la galera. E poi non c’è bisogno di studiare. Sempre, ovviamente, che fare soldi sia l’unico ideale. Ci sono cose che si chiamano prestigio, autorevolezza, stima. E i genitori che le preferiscono al puro denaro (che senza studi è solo pacchianeria) non sono, grazie al cielo, pochi.

Rino Cammilleri, 15 febbraio 2022

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