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La Spagna sa cos’è il fascismo. E perciò apre

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La libertà di Madrid spiegata ai borghesi italiani, piccoli, medi e grandi – ed i più borghesi sono i virologi, tutti scienza e televisione – è molto semplice. Anzi, semplicissima. Non c’entra il clima spagnolo, Greta Thunberg  si metta pure l’anima in pace. Non c’entra neppure la sociologia, noiosa e prevedibile. C’entrano piuttosto la storia e la politica.

La storia è semplice: in Spagna hanno avuto il fascismo al Potere, con il Caudillo Francisco Franco fino a poco più di mezzo secolo fa. Trattasi di ferita recente. Anzi, recentissima rispetto agli altri fascismi europei, quello italiano e il tedesco. Una ferita ancora aperta. Quando il cuoco di questo sito, il giornalista Nicola Porro, si è scagliato – con coraggio liberale – sui social e non solo contro un nuovo 1922 in Italia, ebbene parlava di un secolo fa. In Spagna il ricordo del fascismo ha invece poco più di 50 anni. Chi è nato a Madrid nel 1960 o poco dopo se lo ricorda ancora, seppur nella memoria di bambino o di giovane adolescente.

La parola coprifuoco in Spagna e i controlli di polizia nelle piazze e nelle vie quindi, anche oggi al tempo del Covid, si portano dietro la memoria del fascismo. La puzza dell’autoritarismo. Punto. Un odore di fascismo più che di tutela della salute. Eppoi c’è la politica: l’antifascismo in Spagna è carne viva e non materia da ANPI iberica. Per questo a Madrid una donna, Isabel Ayuso, del Partito Popolare, quindi non di sinistra, ha vinto alla grande le elezioni in nome e grazie alla libertà. Anche dei bar. Aperti.

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