Senza entrare nella filosofia del messaggio evangelico di Papa Bergoglio, che sembra aver raccolto molte delle istanze di una linea politicamente corretta di stampo progressista, vorrei dire due parole sull’imbarazzante e quasi universale apologia con la quale la nostra informazione ha accompagnato le sue estenuanti esequie.
In particolare, mi hanno colpito i dibattiti realizzati in questi giorni su La7, culminati nella consueta maratona di Enrico Mentana il quale, durante il lungo e complesso funerale, è riuscito nella stoica impresa di esaltare, o per meglio dire, di santificare la figura del defunto pontefice per circa 4 ore di diretta.
Ma, ovviamente, il direttore del Tg di Urbano Cairo ha fatto parte di un coro quasi univoco, riportando la nostra memoria ai “fasti” del cosiddetto giornale unico del virus, caratterizzato da una compattezza sul tema della pandemia degno di un regime dittatoriale.
Sta di fatto che già nei titoli dei quotidiani e dei notiziari radio-televisivi è emersa l’incondizionata e totalmente acritica espressione agiografica nei riguardi di Bergoglio, definendolo il “Papa degli ultimi”, il “Papa della speranza”, il “Papa dei poveri”, il “Papa caritatevole” e quant’altro. Tutto questo come se i suoi predecessori non si fossero occupati abbastanza degli ultimi e dei poveri, infondendo la speranza e esortando le persone ad essere generose e compassionevoli nei riguardi del prossimo.
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Inoltre, tornando in particolare ai monotoni dibattiti del piccolo schermo, ho notato una certa qual tendenza ad enfatizzare la presunta forza dirompente del pontefice argentino il quale, grazie alle sue continue prese di posizione contro i “cattivi” del mondo, contro la guerra e contro gli antichi vizi della Chiesa cattolica, avrebbe contribuito non poco all’assai vago progetto di un cambiamento globale. Tutto questo senza considerare che in un mondo popolato da oltre 8 miliardi di individui esistono una miriade di culti religiosi, in cui vivono circa un miliardo e 300 milioni di cattolici, pochissimi dei quali effettivamente praticanti.
D’altro canto, l’idea che da un qualsiasi successore di Pietro possa scaturire una sorta di rivoluzionaria riforma dell’animo umano, rinverdendo i fasti del famoso “uomo nuovo” vagheggiato ai tempi di Iosiv Vissarionovic Dzugasvili, detto Stalin, dovrebbe dar rabbrividire qualunque liberale, in quanto consapevole – come scrisse più volte il grande Prezzolini – che i cambiamenti evolutivi degli uomini e delle loro società organizzate sono lenti e pieni di ostacoli, dovendo procedere in un faticoso percorso costellato di continui salti all’indietro.
In tal senso, le chiacchiere e i paroloni, per quanto pronunciati in modo solenne e autorevole, sempre chiacchiere e paroloni restano. Chiacchiere a paroloni con le quali siamo stati inondati dai media per tutti questi giorni, che forse riusciranno ad accelerare l’ingresso nel meritato Paradiso per un Papa che veniva dalla fine del mondo, ma certamente non sposteranno di una virgola i grandi e piccoli interessi umani che, sin dalla notte dei tempi, guidano le azioni dei singoli e degli Stati; ciò a prescindere dal nome del prossimo monarca assoluto del Vaticano.
Claudio Romiti, 27 aprile 2025
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