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L’altra faccia di Lukashenko

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Aleksandr Lukashenko è finito negli ultimi periodi sotto il mirino dei nostri media per le proteste scaturite in Bielorussia dopo la sua rielezione per la sesta volta consecutiva, con circa l’80% dei voti; i motivi sono la presenza di possibili brogli elettorali, che quindi non rispecchiano in pieno il consenso popolare. Ma chi è Lukashenko, e cosa avrebbe fatto durante il suo regime?

Risultati ottenuti

Lukashenko diventa presidente della Bielorussia per la prima volta nel 1994, proprio durante la prima tornata elettorale del paese, nato dopo lo scioglimento dell’Urss, e rimane al potere per cinque mandati consecutivi, grazie ad un referendum popolare, tenutosi nel paese nel 2004, vinto per il 70%, in cui si rimuove il limite di mandati presidenziali. Inizialmente riesce ad evitare, a differenza degli altri paesi confinanti, la crisi post-sovietica grazie ad una lunga serie di riforme economiche, stringendo un’alleanza economica con la Russia – di cui i bielorussi non potevano e non possono tuttora fare a meno in quanto da essa ricevono moltissime risorse come il gas -, mettendo a freno le privatizzazioni, evitando così la monopolizzazione dei mercati interni e garantendo altissimi tassi di occupazione (stiamo parlando dell’80% di imprese di proprietà di Stato e di una disoccupazione che in certi periodi è scesa vicino all’1%).

Durante il suo mandato il paese ha registrato mediamente una crescita annua del 6,5%, l’istruzione ha raggiunto standard elevati e l’analfabetizzazione è stata praticamente cancellata, la mortalità infantile è drasticamente inferiore rispetto ad altri paesi (2,9 per mille contro i 6,6 di Russia e 3,6 dell’Italia) e, secondo il coefficiente di Gini, che misura le disuguaglianze interne in rapporto tra lo stipendio più alto e il più basso, la Bielorussia si colloca al nono posto (l’Italia è collocata al 54° posto). Di quest’uomo potremmo quindi dire di tutto meno che dire che non abbia difeso gli interessi del suo popolo e abbia generato benessere nel suo paese, anche se a scapito della libertà d’impresa, piuttosto limitata.

Elezioni truccate?

Ma le nuove elezioni? Sia chiaro a tutti: nessuno di noi ha la verità in tasca, nessuno di noi può dire con certezza, al 100%, se quelle elezioni siano state truccate o no, e le proteste non sono una prova sufficiente per avvalorare i propri giudizi, per fare un esempio basti pensare che in Italia, nonostante fino a poco tempo fa i giovani scendevano in massa in tutta la nazione di venerdì per manifestare sul tema dell’ambiente, ad oggi i Verdi si aggirino intorno all’1%. Tuttavia una piccola considerazione su questi tumulti la si può fare: la crisi bielorussa mette a nudo tutta l’ipocrisia dei politici europei. Chiamano “dittatore” un politico non europeo solo perché è stato eletto per 5 volte di fila, quando in verità in Europa si possono trovare altri “Lukashenko”, come la Merkel, che è cancelliera dal 2005, o Mark Rutte, primo ministro olandese dal 2010, o Viktor Orbàn, anch’egli primo ministro d’Ungheria dal 2010.

Ma il re degli ipocriti per me rimane il nostro Giuseppe Conte, che proprio pochi giorni fa, il 2 ottobre per la precisione, ha pontificato da Strasburgo “la richiesta di elezioni libere per i bielorussi”. Ma parla lui? Lo stesso che siede sulla poltrona del presidente del Consiglio senza aver ricevuto neanche una preferenza durante le ultime elezioni politiche? È lo stesso che, per giustificare la presenza di questo esecutivo ai cittadini, sfrutta a sproposito l’emergenza sanitaria?

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