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Landini e Orlando pensano alle canne anziché al lavoro

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C’è qualcosa che lega Andrea Orlando e Maurizio Landini, quasi una coppia di fatto. E non è il lavoro, come invece si sarebbe potuto credere. Mai praticato dal primo, da più di trent’anni lasciato dal secondo. E non si tratta nemmeno solo della mancata conclusione degli studi (che pur li accomuna), per l’impegno politico precoce, il ministro, per la necessità di sbarcare il lunario, il sindacalista.

Le stranezze di Orlando e Landini

Probabilmente la cosa che più profondamente li collega è il fervore per temi che non attengono al loro lavoro. Il ministro si è distinto pochi giorni fa per aver cavalcato l’idea della liberalizzazione delle droghe. Un politico può parlare di tutto, ma dal ministro del Lavoro avremmo sentito più volentieri un programma articolato per le politiche attive per il lavoro, che manca da mesi nell’agenda del Governo. Maurizio Landini, dal canto suo, e forse non solo per colpa sua, non passa giorno che non discetti su Tim e il futuro della rete, così come sulla candidatura di Mario Draghi al Quirinale. Di Pietro avrebbe chiesto: “Che c’azzecca?”.

I sindacati sempre al tavolo

Non per offrire a Landini una giustificazione, non ne ha bisogno, ma i leader sindacali sono stimolati a diventare tuttologi, non da oggi. Per prepararsi a un futuro da politico? Forse. E forse anche perché richiesti di essere presenti a tutti i tavoli governativi e no. Non c’è argomento che la politica affronti senza che le organizzazioni sindacali – non tutte, beninteso, ma solo ed esclusivamente le tre confederazioni Cgil, Cisl e Uil – vengano interrogate, come la Pizia o la Sibilla cumana. Poi capita che un premier non sempre avvezzo al confronto si alzi e li lasci discutere con i suoi ministri, ma un invito non manca mai. Che si parli di pensioni o di Fisco il parere del sindacato confederale (non dell’Ugl o della Cida) non può mancare.

Landini parla di tutto

E Landini si porta sulle spalle questa croce: parlare, dichiarare, commentare sempre. Tutto. Anche per la consapevolezza che i suoi omologhi segretari di Cisl e Uil sono per lo più sconosciuti ai media e al “grande pubblico”. E allora tocca a lui. Eccolo esternare. Su tutto. Cinquanta take di agenzia (di ciascuna delle 5 o 6 agenzie di stampa maggiori, quindi 250-300 “lanci”) nelle ultime due settimane, più o meno quattro dichiarazioni al giorno, circa 1500 all’anno. Un bel repertorio. Incentivato dalla microfonite di molti giornalisti che registrano ogni sospiro. Senza poi rammentare contraddizioni e incertezze. Per parafrasare Voltaire: dichiarare, dichiarare, qualche cosa resterà. Sì, qualcosa resta, anche se non sempre memorabile. “Non siamo disponibili a fare da spettatori. Politica industriale? Rischio di sprecare investimenti”. La landineide non si sottrae alla retorica e pesca nella banalità di chi si è votato a dire sempre qualcosa su tutto. Improvvisando competenze eterogenee che gli consentono di parlare dell’Ilva o dell’Alitalia, come un esperto di tutto, dalla siderurgia al trasporto aereo.

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