Politica

L’arresto di Toti è imbarazzante (per i giudici)

Nell’inchiesta che ha investito il governatore della Liguria ci sono troppe cose che non tornano

Giovanni Toti agli arresti domiciliari

Il fatto che Giovanni Toti sia colpevole o innocente riguarda esclusivamente l’esito di un eventuale processo penale. Ecco, appunto, il processo, con tutte le sue regole a garanzia dell’imputato previste dalla Costituzione e dal codice di procedura penale. Ma gli arresti domiciliari disposti dal GIP di Genova nella mattinata di ieri – su richiesta della Procura della Repubblica genovese (direzione distrettuale antimafia) – riguardano invece le indagini preliminari.

Nessuno, né il Tribunale né tantomeno la Procura, ha oggi il potere di affermare se Toti sia colpevole o no dei reati a lui contestati. Per accertare la penale responsabilità di chiunque, piaccia o no, è indispensabile che si svolga un regolare processo. Per il momento, trovandoci nella fase delle indagini preliminari, la Procura ha chiesto l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Giovanni Toti, e il GIP, vale a dire il giudice per le indagini preliminari di Genova, cioè il Tribunale, l’ha disposta.

Tuttavia, per disporre una misura cautelare, cioè per poter privare un cittadino della sua libertà prima del passaggio in giudicato di una eventuale sentenza di condanna, occorre necessariamente la sussistenza di almeno una delle esigenze cautelari previste dal codice di rito: pericolo di fuga, pericolo di reiterazione del reato, pericolo di inquinamento delle prove. Alla luce delle recenti norme garantiste sul divieto di diffusione del contenuto degli atti giudiziari in materia penale, la Procura della Repubblica genovese, non potendo diffondere l’integrale contenuto della richiesta e dell’ordinanza che applica la misura cautelare, ha diramato un comunicato stampa in cui il nome di Toti compare esclusivamente nell’ambito di presunti finanziamenti a favore del “Comitato Giovanni Toti”.

Nessuno, fatta eccezione per gli interessati e i loro difensori, conosce nel dettaglio l’ordinanza applicativa delle misure cautelari. Ma in queste ore, però, iniziano a circolare notizie anche in merito al contenuto dell’ordinanza con cui il GIP ha applicato le misure cautelari. Sappiamo che si tratta di un’ordinanza di ben 656 pagine in cui il presidente della Regione Toti avrebbe messo la propria funzione a disposizione di manager e imprenditori, concedendo licenze e concessioni in cambio di finanziamenti al suo comitato elettorale.

Le esigenze cautelari che avrebbero giustificato l’applicazione della misura degli arresti domiciliari sarebbero due: pericolo di reiterazione del reato e pericolo di inquinamento delle prove. Se così fosse, sarebbe davvero imbarazzante. Vediamo perché. È fin troppo logico, lo capirebbe anche un bambino, che l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato non può sussistere: è sufficiente la notifica di un avviso di garanzia perché un presidente di Regione – peraltro in carica – sia minimamente accorto dal non commettere più eventuali reati, semmai fino a quel momento li avesse commessi.

Medesimo discorso per il pericolo di inquinamento delle prove: una Procura che indaga dal 2020, cioè da ben quattro anni, deve aver acquisito elementi di prova talmente inoppugnabili a tal punto da poter chiedere l’applicazione di una misura cautelare nei confronti di un presidente di Regione in carica, altrimenti ha in mano solo elementi indiziari e dunque – non lo vogliamo neppure pensare – usa il grimaldello delle misure cautelari per scopi differenti da quelli tassativamente previsti dalla legge.

Ciò detto, perché sbattere agli arresti domiciliari un presidente di Regione in carica? Non bastava notificargli l’avviso di garanzia? Entro cinque giorni dalla notifica dell’ordinanza che applica le misure cautelari si terrà l’interrogatorio di garanzia degli indagati, che in quella sede – tramite i loro avvocati – potranno chiedere al GIP la revoca delle misure o la loro sostituzione con misure meno afflittive. Dopo di che resta il Tribunale del Riesame e poi, per saltum, la Corte di Cassazione (sempre competente in materia di libertà). Il processo vero e proprio avrà inizio solo dopo la conclusione delle indagini. Se poi risulti innocente, ti sei fatto gli arresti domiciliari e ti sei visto distruggere la carriera politica pur essendo estraneo ai fatti. E la chiamano giustizia.

Come che sia, una indagine da sbattere in prima pagina e in tutte le tv ad un mese dalle elezioni europee suona come battaglia politica. Perché non attendere il 10 giugno per far scattare gli arresti, visto che non c’era alcuna fretta se si considera che l’indagine ha avuto inizio ben quattro anni fa? Toti in manette mentre Emiliano e De Caro al loro posto. È sempre la solita musica: se sei di centrodestra, oltre all’indagine scattano pure le manette. La guerra dei trent’anni non è ancora finita.

Paolo Becchi e Giuseppe Palma, 8 magio 2024

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