A seguito di numerosi segnali premonitori, provenienti per lo più dagli Stati Uniti, ero diventato quasi ottimista sul rinsavimento dell’Occidente riguardo alla follia climatica (qualcuno la definisce una vera e propria truffa) [1]. Tuttavia, questo mio sollievo è durato poco, perché avevo sottovalutato la potenza di fuoco e gli enormi interessi economici del baraccone green. Infatti, il “sistema smeraldino”, consapevole di essere ormai in profonda crisi di credibilità, ha pensato bene di inventare un nuovo strumento di propaganda ambientale allarmistica per terrorizzare il popolo bue e riportarlo sotto il suo arcigno controllo. Ma cosa ha causato la mia subitanea disillusione e il mio profondo sconforto? La lettura dell’articolo che riassumo di seguito, scritto dal prestigioso scienziato Roger A. Pielke Jr., di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo [2].
Riassumo il suo articolo, cercando di semplificarlo: The Apocalypse Machine Rolls On: Get Ready for a New Extreme Climate Scenario, pubblicato il 9 aprile 2025 su The Honest Broker [3].
Nell’articolo, l’autore si concentra sul problema dell’uso di scenari climatici estremi nella ricerca e nelle politiche sul cambiamento climatico, criticando la tendenza della comunità scientifica a ripetere errori del passato. In particolare, Pielke analizza l’eredità dello scenario RCP8.5, ormai riconosciuto come implausibile, e mette in guardia contro l’adozione di un nuovo scenario estremo, REP-7.0, che rischia di perpetuare le stesse distorsioni nella scienza e nella politica climatica. Per i non addetti ai lavori, non preoccupatevi: di seguito un riassunto esteso, dettagliato e, mi auguro, chiarificatore dei punti principali dell’articolo.
Introduzione: l’importanza degli scenari climatici
Gli scenari climatici sono strumenti fondamentali per la ricerca e la definizione delle politiche sul cambiamento climatico. Essi forniscono proiezioni su come il clima potrebbe evolversi in base a vari fattori, come le emissioni di gas serra, la crescita economica e demografica e le scelte politiche. Per oltre un decennio, lo scenario RCP8.5 (Representative Concentration Pathway 8.5) ha dominato il dibattito scientifico e politico. Questo scenario ipotizzava un futuro catastrofico con un aumento delle emissioni di CO₂ senza precedenti, un forte incremento della popolazione globale e un uso massiccio di carbone come fonte energetica.
Tuttavia, oggi RCP8.5 è ampiamente considerato implausibile, poiché le sue assunzioni non riflettono le attuali tendenze globali in termini di emissioni, politiche climatiche e sviluppo tecnologico. Nonostante ciò, Pielke avverte che la comunità scientifica sembra pronta a ripetere lo stesso errore con una nuova famiglia di scenari estremi, in particolare il cosiddetto REP-7.0 (Radiative Forcing Endpoint 7.0 W/m²), che dovrebbe essere rilasciato a breve senza un’adeguata valutazione della sua plausibilità o fattibilità. Questo, secondo l’autore, rappresenta una forma di “malpratica scientifica” in un campo che ha un’estrema rilevanza politica ed economica.
Il fallimento di RCP8.5: un caso di studio
Pielke dedica una parte significativa dell’articolo a spiegare perché RCP8.5 è stato problematico. Questo scenario prevedeva, tra l’altro, una popolazione globale di 12 miliardi di persone entro il 2100 e un aumento esponenziale del consumo di carbone, con circa 33mila nuove centrali a carbone costruite nel corso del secolo. Queste assunzioni si sono rivelate lontane dalla realtà: le proiezioni demografiche attuali indicano una stabilizzazione della popolazione globale ben al di sotto di tali cifre, e il consumo di carbone non sta crescendo al ritmo ipotizzato, grazie alla transizione verso fonti energetiche più pulite.
RCP8.5 è stato criticato per aver distorto la ricerca climatica, portando a migliaia di studi che hanno enfatizzato scenari apocalittici come “business as usual” (cioè ciò che accadrebbe senza interventi politici). Questo ha avuto diverse conseguenze significative:
- percezione distorta: il pubblico e i decisori politici sono stati esposti a visioni catastrofiche che non riflettono le probabilità reali;
- politiche inefficaci: le analisi basate su RCP8.5 sono risultate inaffidabili per pianificare adattamento e mitigazione, poiché partivano da premesse non realistiche;
- priorità di ricerca discutibili: la comunità scientifica ha dedicato risorse sproporzionate a studiare scenari estremi, trascurando futuri più plausibili. Pielke sottolinea che il problema non era l’esistenza di RCP8.5 in sé, ma la sua elevazione a scenario di riferimento senza un’adeguata valutazione critica. La mancanza di un processo formale per verificarne la plausibilità ha permesso che dominasse il discorso climatico per anni.
L’arrivo di REP-7.0: un nuovo errore in vista
L’articolo si concentra poi sulla nuova famiglia di scenari climatici che la comunità scientifica sta sviluppando, sotto l’egida del progetto ScenarioMIP (Scenario Model Intercomparison Project). Questi scenari, che saranno utilizzati nei futuri rapporti dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), includono un nuovo scenario estremo, REP-7.0, che prevede un forcing radiativo di 7.0 W/m² entro il 2100. Secondo Pielke, REP-7.0 rischia di ripetere gli stessi errori di RCP8.5 per diversi motivi:
- mancanza di valutazione della plausibilità: come per RCP8.5, il nuovo scenario sarà rilasciato senza un’analisi formale che ne verifichi la coerenza con le tendenze attuali. Ad esempio, REP-7.0 (o il suo precursore SSP3-7.0) ipotizza una popolazione globale di circa 13 miliardi di persone e un aumento del consumo di carbone di cinque volte rispetto ai livelli attuali, assunzioni che Pielke considera “assurde” alla luce delle proiezioni demografiche delle Nazioni Unite e delle attuali politiche energetiche;
- attrazione per gli estremi: i modellisti climatici tendono a preferire scenari estremi perché producono segnali più chiari nei modelli, facilitando la ricerca accademica. Tuttavia, questo approccio rischia di distorcere la realtà, dando priorità a scenari improbabili rispetto a quelli più realistici;
- impatto sull’IPCC: Pielke prevede che REP-7.0 diventerà la base di “migliaia di articoli scientifici” e di “parti fondamentali” delle valutazioni dell’IPCC, influenzando il dibattito globale sul clima per il prossimo decennio o più, proprio come è accaduto con RCP8.5. L’autore cita anche un commento del climatologo Jean-François Lamarque, che ha sollevato dubbi sulla plausibilità di REP-7.0, notando che le sue proiezioni di emissioni di CO₂ sembrano ingiustificate rispetto a scenari più moderati.
Critiche alla comunità scientifica
Pielke non risparmia critiche alla comunità scientifica climatica, accusandola di non aver imparato dagli errori di RCP8.5. Egli sostiene che l’assenza di un processo rigoroso per valutare la plausibilità degli scenari sia una “malpratica scientifica” che ne mina la credibilità. L’autore si chiede se sia possibile cambiare rotta prima che REP-7.0 diventi il nuovo standard. Tuttavia, nota che il tempo sta per scadere, poiché i nuovi scenari saranno rilasciati a breve e probabilmente domineranno la ricerca e il dibattito pubblico per anni.
Implicazioni per la politica e la società
L’articolo sottolinea che l’uso di scenari estremi non solo distorce la scienza, ma ha anche conseguenze pratiche:
- allarmismo ingiustificato: scenari come RCP8.5 e REP-7.0 alimentano una narrazione apocalittica che può generare paura e rassegnazione, anziché motivare azioni concrete;
- allocazione delle risorse: politiche basate su scenari implausibili possono portare a decisioni inefficienti, distogliendo fondi e attenzione da misure più efficaci per l’adattamento e la mitigazione;
- perdita di fiducia nella scienza: l’insistenza su scenari irrealistici rischia di erodere la credibilità della comunità scientifica, specialmente quando le proiezioni non si avverano. Pielke invita a un approccio più equilibrato, che privilegi scenari plausibili e promuova un dibattito informato basato su dati realistici. Egli suggerisce che la comunità scientifica debba adottare processi più trasparenti e rigorosi per valutare gli scenari, evitando di cadere nella trappola di privilegiare gli estremi solo perché sono più “attraenti” per la ricerca o la narrazione mediatica (e per ottenere fondi o fare carriera, n.d.r.).
Conclusione: un appello al cambiamento
In chiusura, Pielke si rivolge ai lettori, chiedendo se sia possibile fermare quella che chiama la “macchina dell’apocalisse” prima che REP-7.0 replichi gli errori di RCP8.5. Egli riconosce che il cambiamento è difficile, soprattutto in un campo altamente politicizzato come quello del clima, ma insiste sull’importanza di agire rapidamente per evitare un altro decennio di distorsioni scientifiche e politiche. L’articolo si conclude sottolineando l’importanza di far circolare idee critiche per stimolare un dibattito più onesto e costruttivo.
Pielke è critico ma costruttivo. Pur denunciando con forza ciò che considera un errore sistemico nella comunità scientifica, l’autore non nega l’importanza dello studio del cambiamento climatico né la necessità di politiche di mitigazione e adattamento. La sua critica si concentra sull’uso irresponsabile di scenari estremi, che a suo avviso compromettono la qualità della scienza e l’efficacia delle politiche climatiche. Il messaggio centrale è chiaro: per affrontare il cambiamento climatico in modo efficace, la scienza deve essere rigorosa, trasparente e ancorata alla realtà, evitando narrazioni sensazionalistiche che rischiano di fare più male che bene (sicuramente bene al portafoglio di qualcuno, n.d.r.).
Dopo aver letto questo articolo, non posso che dire: allacciamoci le cinture e prepariamoci all’ennesima ondata apocalittica, perché prevedo che l’appello di Pielke cadrà nel vuoto!
Carlo MacKay, 21 aprile 2025
Nota: Per una comprensione completa, si consiglia di leggere l’articolo originale sul sito The Honest Broker [3].
[2] https://www.nicolaporro.it/vi-svelo-come-gli-scienziati-costruiscono-le-bugie-verdi/
[3] https://rogerpielkejr.substack.com/p/the-apocalypse-machine-rolls-on
[4] Il forzante radiativo, in climatologia, è la misura dell’influenza di un fattore (ad esempio l’aumento dell’anidride carbonica o altri gas serra nell’atmosfera) nell’alterazione del bilancio tra energia entrante ed energia uscente nel sistema Terra–atmosfera. Esso è indice del peso di un fattore nel meccanismo dei mutamenti climatici. Un forzante positivo è associato ad un riscaldamento della superficie terrestre, mentre un forzante negativo è associato ad un raffreddamento. È generalmente espresso in W/m2. Le variabili forzanti possono essere di origine antropica o naturale (Wikipedia).
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