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L’assurda sentenza che salva gli eco-vandali (spunta pure Montanari)

L’hanno fatta franca i tre attivisti di Ultima Generazione che vandalizzarono il “Dito” del provocatore d’ordine

ultima generazione cattelan (1)

Avanti Savoia, todos caballeros gli untorelli in fama di attivisti di Ultima Generazione che due anni fa prendevano di mira il “Dito” di Cattelan, il provocatore d’ordine, non il conduttore di regime. In una sentenza, tutta l’Italia vale a dire il peggio dell’Italia:

Tutti prosciolti gli attivisti di Ultima Generazione che il 15 gennaio 2023 versarono vernice gialla lavabile sul basamento del ‘dito di Cattelan’, l’opera d’arte ‘L.O.V.E.’ di Piazza Affari a Milano. Lo ha deciso il Tribunale di Milano disponendo sentenza di non luogo a procedere per difetto di querela da parte del Comune – che nel processo si è costituito parte civile chiedendo 447 euro di danni per la pulizia dell’opera – nei confronti di 3 attivisti per il clima di 25, 26 e 40 anni, imputati inizialmente di imbrattamento di beni culturali o paesaggistici, reato che è punito da 2 a 5 anni di reclusione e con multe fino a 15mila euro. La giudice della terza sezione penale Maria Teresa Guadagnino ha riqualificato l’iniziale imputazione in deturpamento di beni mobili semplici perché l’azione di protesta si è concentrata esclusivamente sul basamento dell’opera di Cattelan e non fa parte della stessa. Un reato che è punito con pene inferiori e soprattutto è procedibile solo a querela della proprietà che non è mai stata presentata. Durante il processo, concluso oltre due anni dopo i fatti, si è schierato a favore dei militanti di Ultima Generazione lo stesso Maurizio Cattelan. Il difensore degli imputati, avvocato Gilberto Pagani che aveva chiesto l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato, ha chiamato a deporre sul banco dei testimone il professor Tomaso Montanari che con una consulenza aveva escluso ‘in radice alcun intento vandalico’ parlando invece di opere d’arte ‘interattive e transitive’ che nascono per interagire con il pubblico. Al termine di requisitoria e arringa la Procura di Milano aveva chiesto l’assoluzione per particolare tenuità del fatto. Le motivazioni della sentenza saranno depositate in 60 giorni”.

Va ripreso integralmente il lancio d’agenzia perché è davvero un compendio di cosa sia più questo Paese: un miscuglio di tolleranza creativa che legittima il reato, sostiene l’abuso; il cavillismo giurisprudenziale che distingue tra opera in sé e basamento, premia l’ambiguità del Comune che (ovviamente) non querela ma poi fa la faccia buona di chi si costituisce parte civile, chiedendo una multa simbolica, tanto quelle vere le infligge ai cittadini che fumano o guidano, l’assurda indulgenza dei falsi buoni valori; il paternalismo di Stato che manda assolti teppistoidi e maranza e si scaglia sulle forze dell’ordine che non hanno ancora capito come gira; non manca il parere del critico militante che vaneggia o irride di opere d’arte interattive e transitive, a dire niente altro che la solidarietà nel delinquere, e si chiude in bellezza con la solidarietà del provocatore che a forza di provocare finisce per provocare se stesso all’insegna della massima pubblicitaria “tutto fa brodo”.

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Situazione grave ma non seria, alla Flaiano? No, né grave né seria. La prodezza dei fannulloni di Ultima Generazione (nel frattempo ribattezzatesi in “Prossima Generazione”: alla fine del mondo non credevano loro per primi, da bravi cialtroni), risaliva ai tempi dei fondi sorosiani e di altri marpioni della riconversione energetica, adesso è tempo di rinsavimento, i soldi sono finiti e con essi le provocazioni ad uso e consumo del nuovo regime globale. La sentenzina parla molto dell’Italia non grave, non seria, semmai del Paese finito di cui dice oggi su “la Verità” Mario Giordano in risposta a un lettore, ma, volendo, si può leggere come l’ennesimo dispetto o pizzino al nuovo potere della destra emolliente, democristiana che incassa e tace.

Primum durare! Sì, un Paese finito, evaporato, dove la tutti, per prima questa magistratura fumettistica, chiedono soldi per ciò che non sono più in grado o in voglia di fare. Ai tempi del piombo la magistratura era più seria, giudicandoli come codice comanda, i suoi anni di galera bene o male non poteva non comminarli. Adesso siamo agli epigoni che neppure sbagliano, che fanno il loro dovere a vandalizzare: se va bene per lo stupido ditone di un Cattelan, perché non per il Colosseo o l’Arco della Pace o la Galleria Vittorio Emanuele o le fontane di Roma o un qualsiasi arredo urbano coi pretesti virtuosi, gretini?

Ed è difficile trovare una spiegazione all’improntitudine di questo Stato che, lasciamo perdere le brutture dei provocatori pro domo propria, ce la mette tutta per mortificare se stesso, per negare se stesso rinunciando a una parvenza di serietà, di razionalità giurisdizionale: la fine dei giochi, per dire della Storia, come diceva Fukuyama? La fine dei muri, in realtà sempre presenti seppur virtuali? Il capolinea delle ideologie, sempre presenti seppur ridefinite e magari grottesche? O quel bisogno di smerdarsi che avvertono le società a fine corsa, consapevoli che ormai la battaglia è persa, che la sostituzione a tutti i livelli è compiuta? Sì, forse nella tolleranza per i farabutti, in cui si specchia la repressione per chi si ostina a rigare dritto, sta il senso del cupio dissolvi, del “muoia Sansone”; ma non è un bel vivere e neppure un bel morire per chi bene o male tra le macerie di questa società dissociata deve continuare a tribolare. Sapendo che nessuno più lo aiuta, che ostinarsi nel ruolo del buon cittadino è inutile, che ogni dito medio, piccolo o grande che sia, finisce per infilarsi dentro di lui e con lui nelle soverchie illusioni civili, democratiche, perfino storiche.

Max Del Papa, 3 marzo 2025

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