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L’autoritarismo da operetta delle commissioni

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La Commissione Segre per decidere chi è fascista (e, soprattutto, chi non lo è). La task force dei delatori per decidere chi è eretico sul coronavirus (sostituisce la proposta renziana di commissione sulle fake news in rete dell’ottobre scorso) e dunque non può parlare, non può deflettere dalle versioni ufficiali, non può disturbare il manovratore. La task force sulla Fase 2 per ritornare alla normalità, quando sarà ma a coronamento di un colossale esperimento sociale, droni ed elicotteri per schiacciare la gente, approcci neomarxisti per “ripensare il capitalismo” cioè eliminarlo.

Commissioni, circoli, pensatoi, task force sono la vanità della sinistra comunista, puzzano di Politburo, di controllo, di lottizzazione, di riciclaggio; non solo la sinistra, a dirla tutta è un vizietto più generale, nostrano, nominare, istituire è come decretare, dà la misura del potere e una commissione è sempre la cosa migliore per prendere tempo ossia per perderlo. Vale per tutti, anche se da sinistra la seduzione è più potente, riporta a un penetrante afrore di ideologia. C’è un autoritarismo da operetta delle commissioni, degli organismi che è trasversale e maschera l’inettitudine di chi comanda e scarica il barile: ci pensasse la kommissione, io me ne lavo le mani e, quando verrà la resa dei conti, saprò a chi dare la colpa.

Gli esperti! I professori, gli economisti di riferimento, i virologi influencer, coloro che non sbagliano mai anche perché non lo ammettono e dall’altro dei loro sfondoni si ergono, si meritano rubriche e commissioni. Gli esperti, l’indiscutibilità della scienza! Anche se si tratta più terra terra di esaltazione di questi curiosi guru in camice, ciuffetto, silicone e tessera di partito (quasi sempre, e, se non c’è, è perché ci sono tutte, in forma di pubbliche relazioni da privilegiare alla bisogna). Adesso ci pensa Colao! Quanto a dire che dovrà fare, ma non farà, tutto quello che si sarebbe dovuto fare. Ci penserà, casomai, la burocrazia a fotterlo. E dovrebbe essere questo manager della telefonia, rimpolpato da personaggi in cerca d’autore, di economiste a pugnetto chiuso, a sapere se, quando e come potremo riaffacciarci; pur che, sia ben chiaro, in modo diverso da prima.

A chilometro zero, con le dovute garanzie di pensiero e di espressione, cambiando dieta, smettendo di fumare, un po’ meno maschi, un po’ più gender, un po’ europeisti, un po’ più marxisti, un po’ meno nazionalisti, un po’ più migrantisti, un po’ meno egoisti un po’ più tecnicisti, eccetera. C’è, in Italia, una commissione che abbia mai risolto qualcosa? Che abbia scoperto qualcosa di diverso dall’acqua calda? Si è mai vista, in Parlamento o altrove, una commissione risolutrice in un qualsiasi senso, per quanto lontanamente? (domanda inutile, e ci scappa da ridere…)

Un tanto a te, un tanto a me; questo è uomo tuo, questa è donna mia; quello lì però ne ha di più, occorre riequilibrare: allarghiamo le nomine. Facciamone un’altra. Commissioni a matrioska, una dentro l’altra, apri l’ultima e c’è niente. Davvero Colao e Mazzuccato riescono a risolvere questa moria di lavoratori, di aziende che chiudono, di casse integrazioni che preludono alla fine, di totale sbando, di Europa Unita che spolpa la carcassa? I miracoli non li fa nessuno, i miracoli sono finiti e non sarà un’altra commissione a salvare il salvabile. Tutt’al più, il miracolo lo fa la app che ci radiografa, ma allora bastava citofonare Xi Jinping (non è quello che facciamo sempre?). I miracoli non li fa nessuno, neanche questo papa distopico che scrive al compagno Casarini: ti do tutti i soldi che vuoi, ti foraggio le tue intraprese deliranti e al limite del torbido. I miracoli, scusate, non li fa neanche Mattarella coi suoi messaggi plenonastici, “Questa sarà una Pasqua diversa dalle altre”.

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