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Letta non è un marziano

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A Enrico Letta piacciono i giovani: ius soli, legge Zan, tassa di successione per la “dote”. Una infatuazione politica, non del tutto disinteressata, che inanella un trionfo di cazzate. Memore della fragorosa infilata da Renzi, “Enrico stai sereno” è tornato da Parigi più incazzato che mai, protervo, deciso a far capire chi comandava nel Pd. Il risultato è che dopo due mesi comandano tutti meno lui e la sua sorte è segnata. Già segnata, anche per sentenza del presidente del Consiglio Draghi che l’ha silurato nel modo più clamoroso.

Letta, signor “nessuno”

Dev’esserci una maledizione su quella poltrona da segretario: come ti siedi, perdi il poco senno che ti restava. O meglio, scopri tutti i tuoi altarini e brilli per la tua pochezza. Chi è questo Letta? Che si ricorda di lui? Da premier, si potrebbe scomodare l’aforisma di Churchill su Attlee: “Si fermo un taxi e non ne scese nessuno: era lui”. Letta, nipote d’arte, è, volendo, un predestinato per casato; comunque una di quelle figure scialbe ma decisive nella catena di trasmissione tra la Ue e il Pd: tutto quello che l’Unione pretende, il Partito Democratico accoglie e cerca d’imporre nell’agenda nazionale. E quello che si pretende è anzitutto una cosa e sempre quella: tasse, tasse e ancora tasse. Solo a uno scriteriato poteva saltare in mente di auspicare, in modo arrogante, una tassa di successione con la scusa di beneficiare i giovani da divano e da monopattino e la bacchettata di Draghi ha giusto il pregio dell’ovvietà: era il minimo che si potesse rispondere, che a questo segno i soldi agli italiani non si chiedono, si danno. Poi magari non li daranno, ma che si venga addirittura a pretenderli!

Il Pd dei privilegiati

C’è chi osserva: il Pd è su un altro pianeta, non capisce i problemi dei cittadini, ma anche questa è una banalità superata dai tempi. Il Pd, non è che non capisce: non gliene frega niente, è il partito dell’Unione Bancaria, dei privilegiati e dei privilegi. Artistucoli viziati, scrittorelli presuntuosi, moralisti da spiaggia, la pletora di nati bene, vissuti meglio, cui non costa niente predicare in un senso e razzolare nell’altro come il carneade Angelini, quello di Propaganda Live che approfittava di un’amica come rider e, messo alle strette, l’ha sistemata così: pazza imbruttita dalla vita.
Dalla vita e dagli Angelini che, nel loro piccolo, si comportano esattamente come i padroni delle ferriere, delle multinazionali che chiedono più immigrazione per sfruttarla meglio. Figli di un cognome o di un casato, tutti sotto l’ombrello di un partito che fornisce ingaggi, prebende e ipocrisia in quantità industriale.

La strategia (fallimentare) di Letta

In questa chiave, Letta nipote è perfetto come lo era Zingaretti fratello. Politici di mestiere, ma in tutto distanti da chi dovrebbero amministrare. Strafottenti, maldestri e regolarmente insopportabili. La strategia di Letta nipote è tragicamente limitata: provocare Salvini per logorarlo e invece a logorarsi è stato lui. L’orizzonte non c’è, un respiro non esiste, c’è solo un improvvisare per durare che non porta da nessuna parte. I Letta, gli Zingaretti, si mangiano da soli al di là del cannibalismo da Politburo, gli manca qualsiasi prospettiva strategica se non culturale in senso lato (insegnava alla Sorbona ma il suo riferimento sono i Maneskin). Suppliscono con una prepotenza che si fa patetica, siccome nessuno li ascolta. Da marxisti di risacca, assistono imperturbabili allo sfracello della classe media, dei milioni di partite Iva, di artigiani e bottegai e danno l’impressione, fondata, di disprezzarli, di considerarli come sempre ladri da punire, da spazzare via; o le “cimici della borghesia da schiacciare” di gramsciana memoria.

L’ultima bandierina Pd: il coprifuoco

Da ultimo, hanno cercato di intestarsi un calo dei contagi da Covid che si deve alla bella stagione, come un anno fa, e ad una campagna vaccinale sulla quale, fortunatamente, non hanno avuto voce in capitolo: fosse stato per loro, il Paese sarebbe tuttora in coma coi pretesti più assurdi e politicamente interessati. Fino all’ultimo lottano per mantenere quanto resta di un coprifuoco che ha già fatto più vittime, più disastri della stessa pandemia; non si rassegnano e, in puro stile comunista, scaricano sugli altri le proprie colpe e scippano gli altrui meriti. Ma nessuno gli crede più e anche gli elettori, i meno obnubilati e faziosi, fanno le valigie. Il Pd ormai non rappresenta più nessuno: nemmeno se stesso.

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