Esteri

“L’ho scritto col cuore”. Il ministro e l’intervista tv: chi c’è dietro la svolta di Trump

Il pressing dei senatori repubblicani, il timore per il debito pubblico, la strategia negoziale: le 18 ore di fuoco di The Donald

Donald Trump © LPETTET tramite Canva.com

Lo abbiamo detto durante la Zuppa di Porro di questa mattina. Il modo migliore per capire cosa c’è dietro la svolta di Trump sui dazi reciproci, con la retromarcia e la sospensione di 90 giorni, è andarsi a leggere il Wall Street Journal. Molti ritenevano che l’imposizione di tariffe così arbitrarie avesse uno scopo più negoziale che reale. E in parte è così. Ma forse dietro l’annuncio di ieri sera del presidente Usa, che solo poche ore prima aveva rivendicato di avere una fila di leader mondiali pronti a “baciargli il c***” per trovare un accordo, c’è anche dell’altro.

Trump ha ammesso di aver pensato a questa soluzione “negli” ultimi giorni, ma di essere arrivato alla conclusione mercoledì mattina “molto presto”. Poi ha agito da Trump: ovvero d’impulso. “Non abbiamo utilizzato avvocati, l’abbiamo scritta col cuore: ne parlavamo da un po’, abbiamo deciso di premere il grilletto e lo abbiamo fatto oggi. E ne siamo felici. Non vogliamo danneggiare Paesi che non hanno bisogno di essere danneggiati, e tutti vogliono negoziare”.

Il contesto economico

“Ci è voluta una settimana perché il crollo dei mercati azionari e obbligazionari, insieme a una campagna sostenuta da dirigenti, legislatori, lobbisti e leader stranieri, spingesse Trump a revocare per 90 giorni un elemento importante del suo ampio piano tariffario”, scrive il quotidiano americano che riassume così le numerose pressioni ricevute dalla Casa Bianca dopo che i dazi avevano fatto correre sulle montagne russe i mercati finanziari. Molti, tra cui l’ad di JP Morgan, Jamie Dimon, aveva espresso pubblicamente i timori che l’innalzamento delle tariffe doganali avrebbe portato ad una “recessione”. “L’episodio è stato un classico di Trump: ha preso una decisione drastica, ha monitorato attentamente la reazione, ha tenuto consiglieri e alleati sulle spine e poi ha cambiato rotta”.

Tutto nel suo stile. Nel bene e nel male. Tra gli ispiratori di questa svolta ci sarebbero il Segretario al Tesoro, Scott Bessent, e quello al Commercio, al Commercio Howard Lutnick. “Io e lui abbiamo avuto una lunga conversazione”, ha detto Bessent davanti a una folla di giornalisti. “Questa è sempre stata la sua strategia”. Come a dire: le mosse di The Donald sembrano pazze, ma è una lucida follia. Difficile dire che Bessent stia “coprendo” gli errori di Trump o se la sua sia una reale convinzione di una strategia azzardata, ma con una finalità che alla Casa Bianca hanno bene in mente. In sintesi: quella di ieri non è stata una “capitolazione” di fronte alla pressione dei mercati né una marcia indietro, perché gli Usa ora hanno la possibilità di concludere molti accordi positivi con i 75 Paesi che li avrebbero contattati per trattare.

Sarebbe proprio Bessent insomma la chiave di volta della “nuova” strategia trumpiana. Il Segretario al Tesoro è volato in Florida, ha parlato con il presidente, e alla fine è stato autorizzato a rilasciare dichiarazioni pubbliche sugli accordi. Il che, scrive il WSJ, ha “rincuorato molte persone vicine a Trump, convinte che avrebbe potuto trovare una via d’uscita”.

Esautorato invece Peter Navarro, ideologo dei dazi, l’unico della cerchia assente alla riunione di mezzogiorno di mercoledì in cui è stata presa la decisione finale. Con Trump c’erano, come visto, Lutnick e Bassent, ma non Navarro. E questo è un segnale significativo della svolta fatta imprimere al presidente.

Cosa ha convinto Trump

Un fattore che avrebbe spinto Trump ad allentare la moratoria sui dazi, scrive il quotidiano americano, “è stato il fatto che molti Paesi sono in trattative con l’amministrazione”. Non solo. “Trump è stato influenzato anche dall’andamento del mercato azionario e dalla sfilata di leader aziendali che esprimevano preoccupazione per i dazi. Negli ultimi giorni, dirigenti e lobbisti avevano inondato il telefono del capo dello staff della Casa Bianca, Susie Wiles”. Il messaggio era: trovate una via d’uscita. “Trump ha tenuto le sue carte nascoste – spiega il WSJ – Ha detto ai suoi consiglieri di essere disposto ad accettare ‘sofferenza’” ma avrebbe anche “ammesso in privato che la sua politica commerciale potrebbe innescare una recessione”.

A portare Trump a più miti consigli sarebbero stati anche diversi Parlamentari repubblicani, a loro volta incoraggiati da numerosi dirigenti di banca. “Anche Trump era in modalità ascolto – scrive il quotidiano – Negli ultimi giorni ha chiesto ad amici e consiglieri informazioni sull’andamento dei mercati, e ha dichiarato di starli osservando attentamente”. Martedì sera sulla Fox, al programma di Sean Hannity, un gruppo di senatori repubblicani ha espresso pubblicamente la propria preoccupazione e ha invitato il presidente a trattare con chi si mostrava disposto a farlo. Trump ci ha riflettuto tutta la notte, poi la mattina dopo ha parlato con la presidente della Svizzera e ha ascoltato la famosa intervista di Jamie Dimon sulla possibile recessione che l’avrebbe convinto. Da lì ha convocato Lutnick e Bassent per discutere i dettagli.

La via negoziale

Lo stesso The Donald in fondo nei giorni scorsi si era reso conto del “disagio” crescente sui mercati obbligazionari e azionari, nonostante i post rassicuranti e l’invito a sfruttare “l’ottimo momento per comprare”. “Bessent e altri collaboratori della Casa Bianca hanno descritto la mossa di Trump come parte di una strategia negoziale in cui Trump ha adottato un approccio massimalista per costringere il mondo al tavolo delle trattative”, scrive il WSJ. Anche Ted Cruz, al Washington Post, ha rivelato di aver suggerito al presidente di prendere la strada giusta al bivio in cui si trovava. Due le opzioni: usare i dazi come leva negoziale; oppure insistere e spingere i partner commerciali ad adottare controdazi. “Quest’ultimo, ho detto al presidente, sarebbe un esito terribile e pericoloso per il Paese e per il Texas”, ha rivelato Cruz. “L’ho anche incoraggiato, come avevo già fatto durante lo show di Hannity, a negoziare rapidamente uno o più accordi commerciali”. Vedremo ora se il presidente riuscirà davvero a strappare accordi vantaggiosi per l’industria Usa.

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