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L’inverosimile scusa del Covid tra le ruote della Vuelta

vuelta covid © D-Keine e Jacob Lund tramite Canva.com

Dopo il Giro d’Italia e il Tour de France, anche alla Vuelta di Spagna il terrore del Covid – perché di questo si tratta – sta falcidiando la lista dei corridori in gara. Inverosimile, a mio modesto parere di attempato sportivo amatoriale, un articolo pubblicato su Bicisport il 27 agosto, considerata da molti la più prestigiosa testata del diffuso settore del pedale. Già il titolo la dice lunga sul modo in cui nell’ambiente viene trattato l’argomento: “Vuelta, anche De Plus si ritira: il Covid minaccia la corsa spagnola”.

In particolare, il pezzo inizia con il medesimo sgomento espresso da molti giornali nei primi mesi della pandemia: “Sembrava il caldo estremo il nemico di questa Vuelta a España 2024, ma un altro grande problema ha iniziato a impensierire i corridori e i loro team: il Covid. Chi sta seguendo gli aggiornamenti sulla grande corsa iberica avrà un drammatico déjà vu con fatti risalenti a circa un anno fa, quando il virus costrinse al ritiro un grande numero di partecipanti al Giro d’Italia 2023, compresa la star più attesa, Remco Evenepoel”.

Dopodiché nella chiusa dell’articolo, scritto da Lucia Mora, si esprime “la speranza che non si verifichi di nuovo lo scenario dello scorso anno, e che si riesca a contenere il contagio.” Il che in parole povere, considerando la condizione ubiquitaria di un virus endemico oramai da anni, equivarrebbe a svuotare il Lago di Garda con un secchiello bucato.

Tant’è che alla tappa successiva, quella del 28 agosto, altri tre ciclisti non hanno preso il via essendo risultati positivi al Covid.

In tal senso si ha la netta sensazione, come nel caso del velocista americano Noah Lyles, che causa Covid si sarebbe dovuto accontentare di una medaglia di bronzo nei 200 metri, dopo aver trionfato nei 100, che il fratello cattivo dei coronavirus si sia diventato un comodo escamotage per giustificare qualunque défaillance o calo di forma negli atleti di élite.

Défaillance o calo di forma che, tuttavia, non ha neppure sfiorato Tadej Pogačar durante la sua eccezionale cavalcata nell’ultimo Tuor de France, nel quale ha inflitto distacchi abissali ai suoi avversari, pur risultando positivo al tampone solo pochi giorni prima dell’avvio della Grande Boucle.

Evidentemente in quel caso il virus demoniaco si sarà messo una mano sulla coscienza, decidendo di non mandare a casa il principale protagonista di una corsa su cui si regge una quota assai importante del colossale giro d’affari che ruota intorno alla passione della bicicletta.

E quando si tratta di quattrini, come molti di noi compresero all’inizio di questo assurdo pasticcio targato Covid-19, i virus possono essere molto selettivi: mortali quando occorre vendere consensi, ascolti e vaccini; meno gravi di un raffreddore se ad essere infettato è un campione che solo d’ingaggio si becca 6 milioni di euro all’anno e sulle cui imprese si muove un gigantesco circo mediatico che fattura cifre da record.

Claudio Romiti, 29 agosto 2024

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