Lo dicono i dati: il lockdown fa ammalare

17.3k 43
generica_porro_1-1200

Le misure necessarie per contrastare la pandemia si sono rivelate un rimedio peggiore del male. Ma siccome al male non c’è mai fine bisogna pur dire un’altra cosa: le misure non erano affatto necessarie. Infatti, il governo – il Conte 2 ma, ormai, anche il Draghi che cerca di barcamenarsi tra errori ed orrori – ha adottato la linea delle chiusure che se fosse stata sottoposta a revisione critica si sarebbe potuta cambiare in tempo. La linea governativa – il grottesco “modello italiano” – ha funzionato così: adottiamo il lockdown perché dobbiamo ottenere sicurezza e salute ma siccome il lockdown nega o sospende la Costituzione che è essa stessa la sicurezza ecco che invece di ottenere sicurezza si è ottenuto insicurezza e malattia. I dati, che sono una nuova forma di divinità pagana, lo dicono in modo chiaro sbugiardando, con una sorta di contrappasso dantesco, proprio quegli esperti che non sapendo articolare un pensiero che sia uno si appellano continuamente ai dati. A fare le spese di questa orrenda cultura illiberale è da un lato la stessa politica, che si è rivelata inadeguata fino alla stupidità conclamata, e dall’altro la società italiana nella sua interezza che si è impoverita e ammalata.

Lockdown: predichi bene, pratichi male

Il lockdown è un evidentissimo circolo vizioso autocontraddittorio. Si basa sulle chiusure e sul distanziamento fisico che – lo capisce anche un bambino – son cose che non possono stare insieme. Se, infatti, chiudi, fermi, blocchi, restringi non ottieni il distanziamento ma, al contrario, ne ricavi solo clausure, contatti, focolai e, quindi, contagi. In passato, quando né i governi né i governati si avvalevano delle scienze sociali, alle epidemie si rispondeva nel modo più naturale possibile: andando in campagna, raggiungendo le seconde e terze e quarte case, mentre oggi la stupidità dei comitati scientifici antiscientifici ha decretato inammissibile recarsi nelle seconde case, su le spiagge, in montagna, all’aperto. Così da un lato si è predicato il distanziamento fisico – larghi, state larghi – e dall’altro si è praticata la clausura, l’assembramento domestico.

Il concetto peloso dei non-garantiti

Le misure arbitrarie per contrastare il contagio hanno diviso la società italiana in garantiti e non-garantiti. I primi sono gli stipendiati e i secondi sono gli autonomi che se non lavorano diventano dipendenti dai dipendenti fino a quando entrambi finiscono nel degrado sociale dal momento che benessere e sicurezza sono il frutto del libero lavoro e non il contrario. Ma il concetto di non-garantiti è peloso esattamente come quello di “misure necessarie per contrastare l’epidemia”. La garanzia dei non-garantiti, infatti, esiste e si chiama Costituzione. Ma siccome il governo l’ha sospesa per garantire la sicurezza/salute impossibile ecco che il risultato che si è ottenuto è stato l’opposto dell’intenzione: si è negata la sicurezza possibile, non si è avuta la sicurezza impossibile e i garantiti dalla Costituzione sono stati trasformati in non-garantiti.

Il disastro italiano – è bene guardare in casa propria perché l’Italia sta messa peggio di coloro che si crede siano i peggiori – non è il frutto della sfortuna ma della fallimentare incultura illiberale e statalista che al problema risponde amplificando il problema in una sorta di esorcismo in cui la politica sconfina nell’autoritarismo e la scienza nella magia. Tutto ciò che accade oggi in Italia è la conseguenza della negazione o sospensione della Costituzione con la giustificazione insensata di dover garantire sicurezza. Ai cretini – sì, ai cretini – va detto che la Costituzione è essa stessa la sicurezza. Se volete la sicurezza al di là del costituzionalmente possibile calatevi in una tomba.

La libertà è cosa seria, molto seria. Laica e religiosa. Non è roba da retorica nazionale, tipo 25 aprile e dintorni.

Giancristiano Desiderio, 13 aprile 2021

Ti è piaciuto questo articolo? Leggi anche

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version