L’operazione Franceschini per liquidare Conte

11.4k 12
generica_porro_1200_3

La divulgazione dei sondaggi che accreditano l’eventuale partito del premier Giuseppe Conte al 14%, penetrando nel mercato elettorale a discapito del Partito Democratico e del MoVimento 5 Stelle che subirebbero una consistente erosione percentuale, hanno allarmato la nomenclatura dei Dem pronta a disinnescare la creatura partitica “contiana” soffocandola nella culla. Per neutralizzare il potenziale competitore occorre destituirlo e ricondurlo nell’anonimato da cui proviene. Ed ecco Nicola Zingaretti sollecitare l’adozione del Mes: «Non dobbiamo avere incertezze, sì al Mes senza se e senza ma».

Un ultimatum rivolto al presidente del Consiglio Conte che si è sempre dichiarato ostile all’utilizzo del fondo salva-Stati per compiacere parte della constituency grillina, ma è probabile che, pur di non rischiare di svitare il bullone con cui si è inchiavardato alla poltrona, sarebbe disponibile all’ennesimo ripudio e a cedere con “fermezza” all’opportunismo di conferire a se stesso il privilegio della perpetuazione. Tuttavia, la caparbia ostinazione nel conservare il potere raggiunto immeritatamente non lo aiuterà nell’intento di differire la sua pavoneggiante esperienza di governo. Dario Franceschini, nella tecnica felpata ereditata dalle origini democristiane, sta verificando la possibilità di cucire una maggioranza “Ursula” allargata a Forza Italia per liberarsi della presenza scomoda dell’avvocato di Volturara Appula. L’operazione potrebbe materializzarsi per rafforzare la legislatura, che avrà il compito di eleggere il successore di Sergio Mattarella, e per programmare politiche espansive con la massiva disponibilità finanziaria in dotazione attraverso il canale della Banca centrale europea.

D’altronde è inimmaginabile che la maggioranza non introduca degli elementi di novità con un rimpasto che provveda a sostituire le figure più imbarazzanti come il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina che ha dimostrato di aver bisogno, lei sì, di un supplemento scolastico, avendo esibito ignoranza e certificato di non possedere i titoli per somministrare sapienza. Può continuare ad occupare la poltrona di vertice dell’Istruzione chi, con sovversione logica, voleva riempire un imbuto che per peculiarità morfologica si utilizza, semmai, come “mediatore” per svuotare un contenitore? Un ministro che alla riapertura delle scuole vuole applicare dei divisori in plexiglas per separare gli studenti manifesta un’idea malsana della principale agenzia formativa dei cittadini del domani. Così come il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli sta assistendo passivamente al disfacimento delle politiche industriali con l’ex Ilva che annuncia migliaia di esuberi.

In questi mesi di crisi si sono persi 300 mila posti di lavoro e 800 mila hanno smesso di cercarlo a causa di un clima di sfiducia asfissiante che azzera le prospettive di rilancio. Intanto, l’accelerazione di Conte sugli Stati Generali dell’economia, convocati per oggi, ha trovato nel Pd un dissuasore di velocità e il dosso principale in Franceschini che è, per giunta, il capodelegazione dei Dem nell’esecutivo. Il premier si è talmente infatuato delle telecamere che ha premura di improvvisare un’altra passerella mediatica in cui mostrarsi come designer di progettualità sbalorditive, ma dissociate dalla realtà.

Il Pd tenterà l’operazione Franceschini, addebitando a Conte l’antiparlamentarismo messo in atto con la grandinata di Dpcm, con i pontieri già all’opera verso la riva berlusconiana che dovrebbe respingere le sirene Democrat e, se necessario, vincolarsi all’albero maestro del veliero di centrodestra per affrancarsi dal sinuoso richiamo. Se il voto avesse avuto un dispositivo antitaccheggio, che trilla quando il suo pronunciamento viene depredato, saremmo da tempo infastiditi dall’assordante brusio di ammonimento del saccheggio democratico.

L’Italia crolla ma la sinistra continua a blaterare di piani di rilancio in una parata di parole inconcludenti che approfondiscono il solco fra il Paese legale e quello reale. Il senso di responsabilità dovrebbe indurre, prima che la fenditura si trasformi in voragine, le forze politiche di maggioranza a restituire la parola agli italiani per legittimare l’azione di governo che oggi appare totalmente estranea ed in contrapposizione alla volontà popolare.

Andrea Amata, Il Tempo 6 giugno 2020

Ti è piaciuto questo articolo? Leggi anche

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version