Due fatti, sulla guerra in Ucraina. Primo: dopo tre anni di combattimenti, gli Stati Uniti di Donald Trump sono riusciti a far accettare una bozza di tregua di un mese a Kiev e adesso sottoporranno lo stesso piano anche a Mosca. Si vocifera di una telefonata tra il presidente Usa e Vladimir Putin e anche dell’invio a Mosca di alcuni negoziatori americani. Il Cremlino per ora temporeggia, sa di avere il tempo dalla sua parte. Ma non ha chiuso all’ipotesi del tycoon. La seconda notizia, intimamente collegata alla prima, è che i soldati ucraini si stanno ritirando dal Kursk, quella regione della Russia conquistata qualche mese fa in una clamorosa controffensiva che sorprese il Cremlino e fece infuriare Putin. Lo Zar, per sottolineare quanto le truppe dell’Armata Russa stiano avanzando, si è recato per la prima volta nella zona dei combattimenti. Un segnale chiaro: stiamo vincendo.
Segnale che Trump non intende sopportare troppo a lungo. Ieri ha minacciato la Russia di conseguenze “devastanti” se Putin decidesse di non accettare il cessate il fuoco firmato da Usa e Ucraina a Gedda. Si parla di sanzioni, o comunque “cose molto spiacevoli dal punto di vista finanziario”. Certo: lo Zar ha sempre rivendicato di cercare una “pace duratura” più che una tregua, con tutte le garanzie del caso e senza ridare indietro “quello che è nostro”, ma non assecondare Trump potrebbe metterlo in una condizione scomoda: dopo aver accusato Kiev di non volere a nessun costo lo stop ai combattimenti, adesso la palla si trova nel suo campo.
Il prendere tempo potrebbe servire a liberare completamente il Kursk in modo così da sedersi al tavolo delle trattative senza avere nulla da dover “chiedere indietro”. E soprattutto senza dover perdere la faccia, visto che più volte Putin aveva assicurato che mai avrebbe fatto cessare le armi se prima non avesse liberato quel pezzo di Russia. Ieri il Capo di Stato Maggiore Gerasimov ha spiegato di aver “liberato l’86% della Regione”, ma Putin ha chiesto di “andare avanti” perché “il nemico deve lasciare completamente il nostro territorio”. Oltre 400 soldati ucraini sono stati presi prigionieri e verranno trattati da terroristi, dunque rischiano decenni di galera o – in alternativa – dovranno rientrare in un sanguinoso accordo di scambio con Kiev.
Di sicuro c’è che ieri Dmitri Peskov, parlando con i giornalisti, ha detto di “attendere” più informazioni sull’accordo firmato a Gedda Usa e Ucraina. A quanto pare i vertici delle due intelligence si sono già parlati, e anche il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz ha già parlato con la controparte, ma alcuni inviati “stanno andando in Russia” per discutere i dettagli: sarà Steve Witkoff, inviato speciale di Trump, ad incontrare con ogni probabilità lo stesso Vladimir Putin.
Dal canto suo l’Ucraina, dopo la lite della Casa Bianca e il blocco degli aiuti militari, ora tornati a livelli normali, sembra essere scesa a più miti consigli. E anche l’adesione alla Nato adesso sembra allontanarsi. Ieri il consigliere di Zelensky, Podolyak, ha sì ribadito che Kiev non intende cedere territori alla Russia ma pur richiedendo “garanzie di sicurezza” ha anche affermato che “non importano le discussioni sull’adesione alla Nato o meno”. “Non so se attualmente la Russia stia vincendo. E’ sugli stessi territori da tre anni e il suo esercito ha avuto grandi perdite. Ha perso la reputazione di mostro militare che ha curato per tanti anni”, ha concluso. “L’Europa sarà più autonoma anche dal punto di vista militare e l’Ucraina potrà condividere le proprie competenze per difendere il continente europeo”.