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Mario Giordano: “Ecco gli sciacalli che lucrano sulla salute”

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Se avete letto i suoi libri, sapete che per ogni “cattivo” lui trova un’allegoria animalesca: Sanguisughe (i pensionati d’oro), Pescecani e Avvoltoi (i nababbi che lucrano sui mali del Paese). Stavolta è il turno degli Sciacalli. Virus, salute e soldi. Chi si arricchisce sulla nostra pelle. È questo il titolo dell’ultima opera di Mario Giordano, vulcanico conduttore di Fuori dal coro, in onda tutti i martedì, in prima serata, su Rete 4. Un’inchiesta in cui lo storico volto di Mediaset, fedele alla sua regola del “fare nomi e cognomi”, mette in fila tutte le storture del business che ruota intorno alla salute, tutti i “peccati” di Big Pharma e le carenze del regolatore pubblico.

Partiamo dalla tesi liberista: le case farmaceutiche guadagnano sulla salute, ma senza l’opportunità di incassare, non esisterebbe l’incentivo a scoprire cure e produrre medicinali.

In realtà, anche secondo la teoria liberale classica, la salute dovrebbe restare fuori dal meccanismo della concorrenza tra privati.

Perché?

Perché questa è l’unica industria il cui obiettivo è ridurre il fatturato, anziché aumentarlo.

Ridurre al minimo i “clienti”, ovvero i malati?

Esatto. Ma l’idea che i poteri pubblici debbano intervenire non implica che si debba statalizzare tutto. Se però ci si affida solo alla libera iniziativa, allora al privato conviene – esagero volutamente – far ammalare qualcuno per vendergli le medicine.

Magari non ci fanno ammalare, ma ci fanno credere malati: così creano la domanda di un farmaco…

Se crei domanda di cibo o di libri, fai qualcosa di positivo. Nel settore della salute, la domanda andrebbe ridotta… Questo è il limite dell’approccio liberista. Dopodiché, è ovvio, per chi investe ci dev’essere una ricompensa.

Altrimenti si ferma la ricerca.

Ma anche nella ricerca c’è un errore fondamentale.

Quale?

Il fatto che venga lasciata totalmente nelle mani delle aziende, senza che si pubblichino tutti gli studi indipendenti, perché magari un privato non li reputa di suo interesse. Prendiamo il caso denunciato dal Washington Post.

Ovvero?

La Pfizer trova che un medicinale già esistente, da lei fabbricato, poteva essere usato per combattere l’Alzheimer. Solo che quella ricerca non viene pubblicata, perché alla casa farmaceutica non conviene economicamente.

Lei parla di controlli da parte delle autorità pubbliche, ma spesso gli stessi regolatori sono finanziati dalle case farmaceutiche.

L’Ema, l’Authority europea, lo è per l’84%. Silvio Garattini, peraltro, osserva: l’autorità è chiamata a stabilire se un farmaco è sicuro ed efficace, ma non se è utile.

E allora?

Il regolatore dovrebbe valutare anche se un medicinale che sta per essere messo in commercio aggiunge qualcosa a quelli già esistenti. Ma ci vorrebbe, appunto, una struttura di controllo che non dipenda economicamente da chi è controllato. Anche secondo l’ortodossia liberista. E lo dimostra un altro esempio.

Quale?

Il meccanismo con cui le strutture pubbliche comprano i farmaci.

Che succede stavolta?

Il prezzo dei medicinali acquistati dall’Aifa deve rimanere segreto.

E le case farmaceutiche promettono sconti a tutti?

Da ridere. L’ex direttore dell’Aifa me l’ha raccontato: noi del settore ci ritroviamo in questi raduni, tutti abbiamo comprato lo stesso farmaco, nessuno può rivelare quanto l’ha pagato, ma tutti siamo convinti di aver strappato il prezzo più basso. Evidentemente, non è vero. La trasparenza dei prezzi non è fondamentale in un sistema liberista?

Certamente.

Invece abbiamo solo privatizzato tutto e ci ritroviamo un controllore controllato dai privati e meccanismi d’acquisto dei farmaci opachi. Ha provato a vedere quanto pagano un medicinale le Regioni?

Cosa scoprirei?

Che lo stesso farmaco, una lo paga, diciamo, 7 euro, e un’altra 700.

E i finanziamenti ai medici?

I cosiddetti “trasferimenti di valore”, nei file – anche difficili da scaricare e consultare – pubblicati dalle case farmaceutiche, sono divisi in due gruppi. In uno ci sono i nomi dei medici e delle associazioni che hanno ricevuto sovvenzioni; e poi c’è un’unica voce aggregata, riferita a quelli che non hanno acconsentito alla pubblicazione del loro nome.

E lei sospetta che lì in mezzo si celino i conflitti d’interessi più gravi?

Già è strano che chi deve prescrivere un farmaco prenda soldi, sia pure pochi, da quelli che lo producono. S’immagini cosa si nasconde nella parte dei dati non pubblicata. E questo pone un altro problema.

Ossia?

Bisogna rendere pubblici tutti i nomi di chi prende denaro. E non sulla base di un atto di “liberalità” delle case farmaceutiche. Alle quali, almeno su questo, va dato atto che hanno fatto un passo avanti in termini di trasparenza.

Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Oms, dice che l’Italia è pronta a vaccinare il 100% della popolazione contro l’influenza. Eppure, ci sono studi secondo i quali l’antinfluenzale non solo non aiuta le diagnosi differenziali di Covid-19, ma addirittura può aggravare patologie respiratorie da coronavirus. Anche su questa storia vede un difetto di trasparenza?

Io non voglio passare come un nemico della scienza. Però la scienza deve fare in modo di risultare credibile. Se certi scienziati mi fanno venire il sospetto che dietro una campagna come quella per la vaccinazione antinfluenzale ci siano non l’interesse pubblico, ma alcuni interessi economici, significa che stanno danneggiando la scienza. E ciò vale anche per altre questioni connesse ai vaccini.

Tipo?

Sento parlare di “diritto di prelazione”. Non può esistere un diritto di prelazione su un vaccino! Io non sono mica un No Vax. E proprio per questo, voglio che i vaccini siano garantiti a tutti, ma dove e quando è necessario.

Si fida dell’Oms?

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