Liturgia del terrore Covid

Mascherine addio? No, quello di Speranza è un imbroglio

C’è chi continua ad usare la paura virale per un puro tornaconto personale

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Con l’imbroglio di una finta abolizione delle mascherine al chiuso, Roberto Speranza si prepara ad inasprire questa ed altre misure restrittive a partire dal prossimo ottobre, così come ha più volte minacciato in queste ultime settimane. Tant’è che, in previsione di ciò, pare che egli abbia già preparato un bel discorsetto, citando alcuni versi di un famoso cantore di ben più cruenta rivoluzione ottobrina del secolo scorso: “Cittadini, ascoltate: questo è il primo giorno del diluvio operaio, accorriamo a salvare questo mondo sconvolto….da una pandemia che in Italia sembra infinita.”

L’imbroglio di Speranza

Citazioni a parte, resta il fatto che, malgrado da tempo non siamo più in emergenza, con una situazione ospedaliera più che soddisfacente, rimangono ancora in piedi alcuni elementi, tra cui il citato obbligo, che rendono l’Italia un Paese ancora in bilico tra una democrazia compiuta e una strisciante dittatura sanitaria. D’altronde, una delle differenza sostanziali che esistono tra un regime democratico e una dittatura è senz’altro rappresentata dalla mancanza, in quest’ultimo caso, di solidi contrappesi istituzionali in grado di controbilanciare il peso di chi esercita il potere politico.  E per quanto si vogliano trovare pecche nei sistemi democratici più avanzati, è proprio grazie alla presenza di questi solidi contrappesi che si gode di una certa garanzia nei riguardi di qualunque, eventuale deriva.

Indecente trattamento sanitario obbligatorio

Ebbene, dall’inizio della pandemia di Sars-Cov-2, la quale per Speranza & company sembra oramai esistere e persistere solo in Italia, i due fondamentali contrappesi di garanzia, il Capo dello Stato e la Corte Costituzionale, non hanno svolto adeguatamente il proprio ruolo, cercando di porre un argine alla deriva sanitaria ancora in atto nel Paese. Tanto è vero che, mentre lo stesso ministro della Salute si pavoneggia per essere riuscito, caso unico in Europa, a prorogare l’obbligo delle mascherine al chiuso in una lunga lista di situazioni sociali, la Consulta si occupa della “fondamentale” questione del doppio cognome per i nascituri, mentre il buon Mattarella continua a girarsi dall’altra parte.

Di fatto, senza alcuna base razionale, viene ancora prolungato l’indecente trattamento sanitario obbligatorio delle mascherine, malgrado lo stesso articolo della Costituzione, il 32, che lo prevede in casi estremamente eccezionali, dispone che “la legge in nessun caso può violare i limiti imposti dal rispetto della dignità umana.” Dignità umana che, soprattutto nei riguardi dei nostri ragazzi, costretti a tenersi gli odiosi bavagli fino alla termine dell’anno scolastico, viene letteralmente massacrata dal cinismo di chi continua ad usare la paura virale per un puro tornaconto personale. Che senso ha, infatti, reiterare un obbligo rigido ma limitato ad alcune situazioni, come per l’appunto il tempo trascorso a scuola, quando poi al di fuori di essa gli stessi giovani, giustamente, si assembrano quando e come vogliono senza le demenziali mascherine?

Bandiera politica

Stesso ragionamento per chi viaggia, chi si reca a teatro, al cinema e in qualunque altro disgraziatissimo luogo in cui, secondo il Robesperrie sanitario di Articolo 1, il rischio di beccarsi un raffreddore non è tollerabile. In realtà, il mantenimento parziale di un obbligo insensato costituisce una evidente bandierina politica conficcata sulle nostre libertà civili. Una bandierina politica del tutto inutile sul piano sanitario, ma efficace -secondo chi la sostiene a spada tratta- per ricordare alle persone ancora terrorizzate dalla propaganda di regime che il medesimo regime sanitario è vivo e lotta insieme a loro contro il virus della paura.

D’altro canto, l’importante tornata elettorale delle amministrative di giugno si avvicina e, così come mi trovo a sostenere da tempo, gli artefici delle più rigide e insensate restrizioni d’Occidente non possono certamente perdere l’occasione di incassare un cospicuo dividendo elettorale, continuando a raccontare ad un Paese ancora intontito la sorte certa e progressiva delle loro geniali misure liberticide.

E così, mentre la compianta signora Thatcher, attaccava il partito della spesa pubblica, sostenendo che esso toglieva risorse a Paul per darle a Peter, confidando nella riconoscenza elettorale di quest’ultimo, oggi abbiamo quel grand’uomo di Speranza che, togliendoci la libertà, immagina di ottenere molta riconoscenza da parte di chi ancora oggi è convinto di non esser morto solo in virtù delle umilianti pezze in faccia imposte dal politico lucano.

Claudio Romiti, 1° maggio 2022

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