Veramente incomprensibile la reazione dell’ex ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi che ha giudicato “inaudito e offensivo” aver chiesto ai ragazzi di commentare una lettera a lui indirizzata da trenta affermati accademici ai tempi del Covid.
In essa, gli illustri cattedratici chiedevano al ministro di ripristinare le prove scritte e riflettevano sul senso stesso dell’esame di maturità. È incomprensibile la reazione di Bianchi perché quella a lui indirizzata era una “lettera aperta” che comparve su vari giornali, il cui destinario era evidentemente non lui ma l’opinione pubblica. D’altronde, a scriverla erano studiosi conosciuti anche, e forse soprattutto, fuori dal loro ambiente di studio, cioè personalità con una spiccata visibilità pubblica (fra l’altro, tanto per cambiare, in stragrande maggioranza di sinistra). E, dopo tutto, non è anche un ministro una personalità pubblica, i cui atti e comportamenti devono essere di necessità sottoposti al vaglio dell’opinione comune perché, come dice Norberto Bobbio, non esiste democrazia ove non ci sia trasparenza e ove i cittadini non siano messi in grado di dare un giudizio sui loro rappresentanti perché si vuole nascondere loro certe azioni e possizioni? Che senso ha tutta la retorica sulla cittadinanza e la partecipazione democratica, sul valore civile degli esami di maturità, “porta di ingresso nell’età adulta” come è scritto nella lettera – una retorica di cui in verità faremmo a meno con soddisfazione – se poi si vuole decidere a priori il pubblicizzabile e il non pubbicizzabile? Se, addirittura, si arriva a giudicare, come ha scritto Bianchi, non “alla pari” i ragazzi e quindi da “non mettere in mezzo” in questioni che andrebbero tenute circoscritte fra adulti e ministri?
Probabilmente una reazione tanto esagerata come quella di Bianchi nasconde una sorta di senso di colpa, che è quello di aver tenuto gli alunni fuori dalle aule ai tempi del Covid più del dovuto e senza un’evidenza scientifica vera e non farlocca. Causando loro, fra l’altro, danni educativi e psicologici non indifferenti. Certo, si è trattato di una scelta politica, come è giusto che sia. Ma, a maggior ragione, essa non può essere sottrattta ora al giudizio e all’opinione dei singoli. Nonché di studenti alle prese con quello che è appunto un “tema d’attualità”. Che poi tutta questa baracca dell’esame di maturità, ove tutti vengono promossi e ove non c’è razionalità alcuna che ne giustifichi l’esistenza, non abbia più un senso, e che sia giusto ripensarla da cima a capo se non proprio a cancellarla, è un altro discorso. Anche se certo non secondario. Prima o poi va affrontato. Confidiamo, per questa parte, nelle capacità di visione e nella lungimaranza e determinazione del ministro Valditara. Nonché, più in generale, si spera, dell’intero governo.
Corrado Ocone, 22 giugno 2022