Un piccolo passo indietro per riflettere. Il viaggio della Meloni a Washington ha provocato, come da copione, quel che ci si aspettava: veementi critiche, talvolta condite da insulti da osteria, da parte dei sinistri, ed elogi, talvolta sperticati, dall’area opposta. Così come accade nei talkshow che pudicamente vengono detti “di approfondimento”: in realtà lo spettatore sa già che posizione prenderanno i vari invitati prima che aprano bocca. Segue prevista gazzarra che, se da una parte aumenta l’audience, dall’altra chi ascolta non esce “approfondito” bensì frastornato. Che ci vogliamo fare, è l’antico problema degli italici, ce l’hanno nel dna, risale e Romolo e Remo: l’attrazione fatale per la guerra civile. È la nostra tara, bisogna rassegnarcisi.
Tornando alla Meloni da Trump, scorrendo i social si è notato, tuttavia, che anche a destra è insorto qualche mugugno pur a denti stretti: la nostra premier, dicevano in soldoni, è andata dal Donald “da suddita”, così come aveva fatto col predecessore Biden. Be’, una prima risposta che subito si affaccia alla mente è questa, brutale: e come ci doveva andare, a muso duro come Zelensky, per venire cacciata a pedate come quest’ultimo? Tra parentesi, a differenza dell’ex comico ucraino, Meloni i compiti a casa li aveva fatti, primo fra i quali imparare l’inglese alla perfezione, laddove quell’altro ha avuto bisogno dell’interprete, cosa ha contribuito non poco alla degenerazione dell’incontro. Ma come, chiedi continuamente soldi e armi all’anglosfera, da cui ammetti di dipendere per sopravvivere, e non ti passa per la capa di diventare anglofono a marce forzate? La seconda risposta, eccola: con Biden era una di destra che andava da uno di sinistra, bisognosa di legittimazione proprio perché invisa all’establishment sia europeo che americano.
Con grave scorno dei quotisti rosa, la prima donna al governo nell’Italia repubblicana è una cresciuta nella Fiamma. Votata a furor di popolo. Ora, poiché i capi delle destre europee sono tutte femmine e quella tedesca è pure lesbica, ecco che i woke sono stati costretti a correre ai ripari con giochini di palazzo – e di magistratura – all’italiana per non perdere la cadrega. E il vice di Trump gliele ha cantate a muso duro a Monaco (“Avete paura dei vostri popoli?”).
Infine, se non vi piace il termine “sudditi” usate quello di “vassalli”, perché questo siamo. L’Italia è letteralmente trapunta di basi militari americane, così come gli ebrei dei tempi di Gesù avevano la romana Torre Antonia addirittura nel loro luogo più sacro, il Tempio di Gerusalemme. Idem per la Germania e il Giappone, che pur sono, a differenza di noi, nazioni di indomita tradizione guerriera. Prendere atto di una situazione internazionale si chiama realismo politico, non sudditanza, e nemmeno vassallaggio. Del resto, se Meloni viene dalla Fiamma, i suoi odiatori vengono dalla Falce&Martello, cioè, finché è durato, da una sudditanza
all’Urss che arrivava al tradimento. L’Italia, come è venuto a ricordarci Carlo III Windsor, è nata nel quadro dei giochi strategici dell’impero britannico. Il quale ha poi dovuto cedere il bastone a Washington, pur conservando il cervello finanziario a Londra. E senza soldi non si fa niente, nemmeno le guerre. Come ai tempi dell’Impero Romano, il problema è quale parte scegliere, ed è saggio scegliere la meno peggio. Se invece vi piace la Ue a conduzione woke con Ursula e Macron, accomodatevi alle urne. Sempre che vi ci lascino andare. Gesù sentenziò il suo celebre “Date a Cesare quel che è di Cesare”. Elogiò il centurione romano di Cafarnao.
Fu riconosciuto come “figlio di un dio” dal centurione romano Longino. Il primo pagano a diventare cristiano fu Cornelio, centurione di Cesarea. Gesù deluse gli ebrei che aspettavano la riscossa militare contro gli occupanti. E seguirono altri sedicenti Messia nello sfacelo, fino a farsi cancellare come popolo (dopo la rivolta finale del 135 furono tutti deportati come schiavi) e come nazione: i Romani rinominarono Palestina tutta la zona, da philishtim, i Filistei, il nemico storico di Israele. E non avevano l’atomica.
Rino Cammilleri, 26 aprile 2025
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