Appunti sudamericani

Messico, il silenzio di Biden sulla deriva autoritaria

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Biden invita a Washington agenti del ministro degli Interni di Cuba

Con grande segretezza, un gruppo di diplomatici e membri della Guardia costiera cubana è nella capitale degli Stati Uniti questa settimana per una visita al comando centrale della United States Coast Guard una delle sei forze armate degli Stati Uniti e ad una struttura portuale della Carolina del Nord. L’amministrazione di Joe Biden, che ha permesso un notevole riavvicinamento tra Washington e L’Avana, rifiuta di fornire dettagli della visita, sostenendo di non avere “nulla da annunciare al momento”, ma ha dovuto rivelare la visita a Capitol Hill, come impone la legge Usa. Il repubblicano Marco Rubio aveva chiesto inutilmente in una lettera che la visita fosse annullata per il rischio di spionaggio da parte della dittatura.

Il 24 febbraio scorso, il senatore della Florida aveva denunciato che la guardia di frontiera cubana è parte integrante del Ministero dell’Interno cubano, ancora soggetto a sanzioni statunitensi per violazioni dei diritti umani, dopo l’ondata repressiva del castrismo di fronte alle manifestazioni che chiedevano libertà sull’isola di due anni fa.”Invitare gli agenti dei servizi segreti cubani presso strutture di sicurezza nazionale sensibili per condividere con loro i nostri protocolli di sicurezza costiera e marittima è una violazione eclatante che tradisce uno dei principi fondamentali del giuramento che avete fatto per proteggere gli Stati Uniti dai nemici stranieri. Dovrebbe annullare immediatamente questa visita e spiegare al popolo americano come è stato permesso che ciò accadesse sotto la sua presidenza.”

La deriva autoritaria del Messico e il silenzio di Biden

Biden ha in programma di tenere il suo secondo Vertice sulla democrazia il 29 e 30 marzo, per “difendere elezioni libere ed eque” in tutto il mondo. Inviterà il presidente Andrés Manuel López Obrador che sta riportando il Messico al suo passato autoritario, quando un partito politico onnipotente governò il paese per sette decenni consecutivi fino al 2000, il Partito Rivoluzionario istituzionale. Biden organizzerà l’evento insieme ai governi di Costa Rica, Paesi Bassi, Corea del Sud e Zambia. Alla sessione plenaria parteciperanno più di cento governi di tutto il mondo. Anche López Obrador, che sta smantellando l’Istituto nazionale elettorale messicano (INE), l’agenzia elettorale indipendente che ha reso possibili elezioni libere in Messico dagli anni ’90 in poi.

L’INE è un’istituzione neutrale che, oltre ad essere responsabile del conteggio dei voti, supervisiona il processo elettorale per assicurarsi che funzionari e candidati rispettino le regole. Inoltre, AMLO è diventato un alleato sempre più entusiasta delle dittature di Cuba e Venezuela. All’inizio di questo mese, il presidente messicano ha decorato il dittatore cubano Miguel Diaz-Canel con l’onorificenza più importante del Messico. In quell’occasione, López Obrador ha detto che l’isola, che ha migliaia di prigionieri politici e non ha permesso libere elezioni negli ultimi 64 anni, ha un “governo profondamente umano.” López Obrador ha persino boicottato il Vertice delle Americhe di Biden, tenutosi a Los Angeles l’anno scorso, perché gli USA non avevano invitato la dittatura cubana all’incontro.

Infine, López Obrador ha tenuto una posizione molto ambigua sull’invasione russa dell’Ucraina, criticando il mese scorso la fornitura tedesca di carri armati Leopard 2 a Kiev, sostenendo che era un invio “incitato dai media e dalle oligarchie del mondo.” L’Ambasciata russa in Messico ha ringraziato subito AMLO per il suo sostegno. Gli Stati Uniti non denunciano la sua deriva autoritaria solo perché temono che se condannano le azioni di AMLO contro l’INE, lui si vendicherà riducendo la cooperazione per frenare gli immigrati illegali al confine. Tutto questo lo denuncia il Pulitzer Andrés Oppenheimer che suggerisce addirittura a Biden di non invitare al vertice il presidente del Messico.

Il “populismo punitivo” di Bukele fa proseliti nella regione

La controversa mano dura del presidente trova un’eco nei leader dei paesi vicini, che vogliono copiare il suo modello. Se Bukele ha moltiplicato le denunce delle organizzazioni per i diritti umani e dell’amministrazione Biden, ha però ricevuto migliaia di elogi in America Latina e nei Caraibi, dove si concentrano il 50% degli omicidi mondiali pur rappresentando appena l’8% della popolazione planetaria. Il “populismo punitivo” di Bukele ha fatto proseliti anche in Honduras, dove lo sta imitando la chavista Xiomara Castro, Ecuador, Guatemala, Colombia e persino in Venezuela.

Paolo Manzo, 1° marzo 2023


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