Politica

Emergenza immigrazione

Migranti, il Pd schifa i migranti. E la destra cede: via ai trasferimenti

Il cortocircuito del Pd: ora i sindaci progressisti rifiutano i migranti, nonostante anni di accoglienza a porte aperte

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E ora sono pure i buonisti, i radical chic, quelli che alimentano da anno il rischio di un allarme “fascismo” in Italia, a scoprire che c’è un problema migranti in Italia. Sì, perché l’integrazione è bella, se solo non viene fatta a casa loro. Il paradosso delle ultime ore è infatti targato Pd, dove dopo anni di accoglienza e sbarchi indiscriminati, il principale partito di opposizione cerca l’ago nel pagliaio per attaccare il governo di Giorgia Meloni.

Migranti, cortocircuito Pd

Nonostante l’eterna linea ultra-aperturista della segretaria del Nazareno, Elly Schlein, sono i sindaci piddini ad alzare lo scudo. Tra primi, c’è il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, il quale su Twitter ha affermato che “da quasi un anno sono al governo e senza soluzioni per gestire i flussi migratori. Scaricano tutto su Comuni e sindaci. Servono flussi regolari più ampi e accoglienza diffusa”. Ma non finisce qui, da eco è arrivato pure il deputato Piero De Luca: “Il governo non ha effettuato nessuna programmazione seria ed efficace per l’accoglienza e l’integrazione nelle nostre comunità, ma ha messo in campo solo tanta approssimazione e incapacità, scaricando tutte le tensioni e le difficoltà sui sindaci in ogni territorio del Paese”.

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La risposta del governo

Insomma, benvenuti nel mondo reale. Dopo anni di propaganda basata sulla formula “in Italia c’è posto per tutti”, ora sono pure i progressisti a svegliarsi dal loro dolce sogno. Peccato che il centrodestra italiano governi il Paese da soli dieci mesi, a fronte di dieci anni di esecutivi tecnici e di sinistra. Ma è lo stesso Viminale ad aver rispedito le accuse al mittente: quella dei sindaci e degli amministratori locali del Pd è una “polemica surreale”: se ci sono difficoltà nell’accoglienza dei migranti è perché i Presidenti di Regione piddini “hanno deciso di non proclamare lo stato di emergenza”. Una risposta fatta ieri  trapelare alle agenzie di stampa.

E ancora, come sottolinea all’Adnkronos una fonte qualificata del ministero dell’Interno: “Lo Stato di emergenza decretato dal Governo, anche proprio per aiutare i territori a reggere meglio l’urto dell’accoglienza è stato infatti rifiutato dalle Regioni governate dalla sinistra, che hanno contestato l’esistenza di una situazione critica”. La fonte poi prosegue e conclude: “In questo modo, proprio in quelle Regioni non si sono potute attivare le procedure accelerate e derogatorie per creare adeguate strutture di accoglienza. Se c’è una situazione di difficoltà, perché i governatori di sinistra non hanno aderito allo Stato di emergenza? I sindaci non si parlano con i loro governatori?”.

Ma le proteste dei sindaci emiliani, affiancati a quelle del presidente Bonaccini, hanno smosso Palazzo Chigi, il quale alla fine ha “ceduto” la linea decidendo di dirottare i 100 migranti che oggi sarebbero dovuti partire dalla Sicilia per raggiungere la città di Bologna: in definitiva, 75 andranno in Campania e 25 in Calabria.

Emergenza sbarchi

Nel frattempo, dopo l’arrivo di quasi 2.500 migranti sulle coste italiane, da poche ore sono iniziati i trasferimenti del primo gruppo di 450 migranti sul traghetto di linea Galaxy verso Porto Empedocle. ieri sera, invece, 420 persone sono state trasferite a Trapani con la motonave “Lampedusa”, accanto a ulteriori 230 migranti che raggiungeranno Porto Empedocle con la nave Cossyra.

Numeri preoccupanti, che arrivano dopo la modifica del governo del criterio della distribuzione, basato sulla popolazione delle regioni, che andrà ad incidere per il 70 per cento, mentre il restante 30 è calcolato sulla base della superficie del territorio. Un risultato che avrà come effetto soprattutto sulle regioni territorialmente più estese, ma con bassa densità abitativa, le quali registreranno probabilmente un aumento del numero di persone migranti da accogliere. È il caso, per esempio, di Basilicata e Sardegna.

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