Esteri

La guerra in Ucraina

Missile a 100 passi dal reattore: la guerra (radioattiva) ci sta entrando in casa

Il razzo è stato lanciato in prossimità della centrale nucleare di Zaporizhia, nell’indifferenza dell’Occidente

centrale nucleare di Zaporizhia

Cento passi, un errore che può far saltare l’Europa. Questa la distanza dell’ultimo missile lanciato in prossimità della centrale nucleare di Zaporizhia, la stazione più grande d’Europa con tre reattori attivi su sei e che rischia di saltare in aria a causa dei bombardamenti, creando conseguenze irrimediabili per tutta Europa. Nonostante la situazione possa sfuggire dalle mani da un momento all’altro, il silenzio sul tema è assordante.

“Basta un errore e salta tutto, è una situazione assurda” ci racconta il giornalista Vittorio Rangeloni che fa base in Donbass e che ha visitato personalmente la centrale nucleare. “Intervistando il sindaco e parlando con i lavoratori è stato dimostrato che più volte ci sono stati attacchi sia missilistici che con colpi di mortaio sulla centrale nucleare: basterebbe che solo uno dei reattori attivi venisse colpito e ci sarebbe una distruzione più grande di Chernobyl”, racconta. “Ho visitato personalmente la centrale e sul posto ho potuto constatare immediatamente i danni provocati dai recenti attacchi. Alcuni attacchi sono caduti vicinissimo ai reattori e questo è un fatto gravissimo, incredibile e folle che può portare a conseguenze inimmaginabili, non solo a livello a locale ma continentale”.

Zaporozhye NPP si trova infatti sulle rive del fiume Dnepr, nella città di Energodar e la distruzione di potenza della stazione o lo stoccaggio del combustibile nucleare esaurite, possono causare un disastro causato dall’uomo che si riverserebbe, non solo nella morte dei lavoratori e nella distruzione della città, ma sui territori e sugli stati vicini – fino alla Germania – che dovrebbero fare i conti con le radiazioni emesse. Se lo scoppio della centrale in sé non dovrebbe preoccupare in modo eccessivo, in quanto costruzione sovietica e quindi resistente a massicci attacchi, non si può dire lo stesso per l’infrastruttura di supporto che, in caso di guasto del sistema di raffreddamento del reattore – provocato da un bombardamento – potrebbe surriscaldarsi e provocare una reazione incontrollata.

Il ping-pong di accuse tra Ucraina e Russia su chi attacca chi – e sul quale l’informazione si concentra – è a questo punto secondario rispetto alla situazione di estrema emergenza.
Rangeloni, autore dei video che pubblichiamo, racconta: “Le persone hanno paura, non tanto per i bombardamenti nei centri abitati dove i civili si nascondono negli scantinati, ma per la possibilità dello scoppio dell’intera centrale che – in quel caso – nessun rifugio porterebbe alla salvezza”.

Lo scenario, a prescindere dalla lotta personale tra i due leader, è terribile e la catastrofe potrebbe realizzarsi da un momento all’altro provocando, appunto, non solo un disastro umanitario immediato ma minando anche il futuro di tutte quelle generazioni che, tra le tante conseguenze – a causa delle radiazioni emesse – dovranno regolarmente assumere farmici. Se il disastro di Chernobyl ha segnato un passaggio tragico della storia, è incomprensibile il pressappochismo dell’Occidente di fronte all’urgenza nucleare che coinvolgerebbe almeno tutta l’Europa dell’est.

Le ultime dichiarazioni dei vertici sulla questione risalgono infatti al 7 agosto quando, in un tweet, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha scritto: “Le notizie di bombardamenti sono allarmanti, la sua sicurezza è fonte di massima preoccupazione”. Una preoccupazione solo sulla carta – in questo caso su un social – visto l’immobilismo che si riscontra nelle ultime settimane. Sempre Michel, a fronte di una potenziale catastrofe parla semplicemente di una telefonata – avvenuta sempre il 7 agosto scorso – con il presidente ucraino Zelensky che, invece di salvaguardare quel popolo che invoca come “suo”, chiede – come al solito – “una risposta più forte da parte della comunità internazionale, ovvero sanzioni sull’industria e sul combustibile nucleare del Cremlino”.

La nazione del numero uno di Kiev potrebbe saltare in aria da un momento all’altro e la soluzione è l’avanzare ancora richieste di sanzioni: questa la visione di Zelensky. Del resto, l’ucraino non ha mai fatto mistero di essere pronto a bombardare tutti i soldati all’interno della centrale che, sottolineiamo, sono russi e che quindi – secondo le dichiarazioni ucraine e a quanto riportato dai media – si starebbero bombardando da soli. E questa considerazione, lontana dal dar adito a complottismi di vario genere, è frutto di una mera ricostruzione logica. Ma questa è un’altra storia. Ciò che conta davvero è il pericolo imminente e le non azioni per evitare il disastro. Molti parlano, nessuno agisce.

A dire la sua anche Rafael Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, parla di una situazione “completamente fuori controllo”, dal momento in cui “tutti i principi di sicurezza nucleare sono stati violati in un modo o nell’altro”. Immancabile il commento del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres che si limita a invitare i due protagonisti, Zelensky e Putin, a collaborare per garantire la sicurezza dell’impianto, aggiungendo: “Qualsiasi attacco a una centrale nucleare è un suicidio”. Un suicidio, quello ipotizzato da Guterres, che nessuno sembra interessato ad evitare tanto che, sempre il numero uno delle Nazioni Unite – di fronte a una vera bomba a orologeria – si appella al “buonsenso e alla ragionevolezza” delle due parti “per non intraprendere azioni che possano mettere in pericolo l’integrità fisica, la sicurezza o la protezione dell’impianto nucleare”.

Si scopre infatti che, sempre nella prima settimana di agosto, era prevista a New York una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite sulla questione, dopo la richiesta da Mosca. Incontro che il segretario commenta così: “È necessario un accordo a livello tecnico su un perimetro sicuro di smilitarizzazione per garantire la sicurezza dell’area”, ricordando che “è necessario fornire alla missione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica un accesso immediato, sicuro e senza ostacoli al sito”. All’alba di una potenziale catastrofe continentale la politica occidentale si limita a mandare messaggi che invitano alla prudenza e al buonsenso. Quei vertici che tengono le redini dei giochi, dopo sei mesi di guerra e con una centrale nucleare che potrebbe esplodere da un momento all’altro sono fermi a guardare un film che, da qui a poco, potrebbe diventare horror.

Questo è il vero nodo della questione: adesso non è importante chi ha colpa, non è utile la propaganda incontenibile, non serve convincere i popoli e indirizzarli in una delle due fazioni. Quello che serve sono azioni concrete per scongiurare un disastro. Le condizioni ci sono tutte, i rischi sono tangibili, le preoccupazioni – pare – anche. Ciò che resta un mistero è il perché l’Occidente sembrerebbe fare di tutto per arrivare a dire “è troppo tardi”.

Bianca Leonardi, 17 agosto 2022

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