Mr Carpisa sui trolley in aereo: “È un governo da rimettere in valigia”

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Che il Covid abbia mandato in pezzi il trasporto aereo in tutto il mondo non è una novità, basta guardare le molte compagnie ormai puntellate dagli aiuti pubblici. In Italia si è però aggiunto un caos burocratico, sfociato in cause persino contro l’Enac. Ad aprire il nuovo fronte, mentre l’Ente dell’aviazione civile bacchettava le compagnie aeree per i voli venduti e cancellati, è stato la casa produttrice di valigie Carpisa, che fa capo al gruppo Pianoforte holding insieme ai marchi di intimo Yamamay e di abbigliamento Jaked, chiedendo i danni per il divieto di imbarco – rimasto in vigore dal 26 giugno al 15 luglio – dei trolley sugli aerei.

“Enac si appellerà a disposizioni sanitarie, ma un segnale va dato”, spiega l’ad di Pianoforte Gianluigi Cimmino. “Si è creata una associazione che coinvolge i principali produttori di valigeria al mondo, siamo tutti solidali, così non si può andare avanti. Il nostro è il settore che al mondo ha pagato di più per la pandemia, fino al 70% del business. Altri comparti hanno avuto aiuti, noi nulla, ce la dobbiamo cavare da soli. Come è possibile poi vedere un provvedimento come quello dell’Enac. Quello peggiore è il danno morale: se esiste uno stato diritto, chi sbaglia deve pagare. La nostra causa punta a evidenziare gli errori da parte di governo e istituzioni. Perché buttare via 3 miliardi per Alitalia, e non aiutare aeroporti o l’indotto?”.

Il provvedimento sul bagaglio a mano è stato ritirato e il viceministro alla Salute Sandra Zampa si è difesa dicendo che era una decisone delle compagnie aeree per la sicurezza…

“Ora si rimbalzano la responsabilità gli uni con gli altri. Basta vedere il paradosso di Linate, che ha aperto senza voli. O il fatto che abbiamo chiuso il terminal 2 di Malpensa, prima del Covid ci sarebbero state le barricate. Noi con la sola Carpisa diamo un lavoro a 5.000 persone tra diretto e indotto. Forse se saremo costretti a tagliare il personale, il governo si accorgerà di noi e degli altri operatori del settore”.

Carpisa quanto ha perso durante il lockdown? Come chiuderà l’anno?

“Durante i mesi di confinamento abbiamo perso tutto, l’ecommerce non vale in media oltre il 5%. Ora stiamo facendo il 50% in meno di incasso, ci difendiamo con prodotti come le borse ma non recuperiamo certo quanto perso sulla valigeria. A fine anno, se saremo bravi, Carpisa chiuderà con 35% in meno di fatturato rispetto ai 150 milioni del 2019”.

Il gruppo Pianoforte Holding ha chiuso il 2019 con 320 milioni di fatturato. I marchi Yamamay e Jaked stanno reagendo meglio?

“Si tratta di categorie meno colpite, soprattutto Yamamay perchè in queste settimane sono tutti al mare e hanno bisogno di costumi da bagno. Con una battuta le dico che dovrebbero mettere i braccialetti elettronici a molti di quelli che dicono di stare facendo smartworking”.

 L’80% circa dei negozi del gruppo è in Italia, i vostri 3.000 dipendenti hanno ricevuto la Cig dall’Inps?

“Due settimane è arrivato l’assegno Inps relativo ai marzo e aprile, quindi sono stati 3 mesi senza nulla. Noi abbiamo anticipato loro quello che abbiamo potuto, per esempio la quattordicesima. Non solo abbiamo riaperto subito tutto il possibile come rete di vendita, sostenendo milioni di investimento per la sicurezza – tra mascherine, guanti e santificazione – senza ricevete nulla di rimborso. Calcoli cosa ci vuol per mettere in sicurezza 1000 negozi solo in Italia”.

Il debito pubblico ha sfondato il nuovo massimo storico di 2.500 miliardi, a parte sfruttare tutte le possibilità di finanziamento europeo e quindi anche il Mes, che cosa può fare davvero il governo Conte per riavviare il Pil?

“Come è indebitato il Paese, si dovranno sempre più indebitare le imprese per ripartire, visto che non abbiamo avuto alcun aiuto dal pubblico. Per poter ripagare questo debito alle banche, però, le aziende devono essere messe in condizione di lavorare in un sistema paese che funziona. Il governo ci deve mettere in condizione di essere competitivi: se ora sarà varato un piano vero, non un vuoto assistenzialismo come il reddito di cittadinanza, allora possiamo farcela”.

Con questo governo?

“No, ideologie a parte, dobbiamo mettere al servizio del Paese le energie migliori e quindi è indispensabile un governo tecnico, magari guidato da Mario Draghi. Con un esecutivo politico non riusciremo mai. Bisogna guardare al nostro Paese come se fosse una azienda e lavorare per sanare i suoi punti deboli: mettere più soldi in tasca ai dipendenti abbassano il cuneo, riformare il fisco, rifare le infrastrutture, dare la possibilità di aprire una società in 24 ore come accade all’estero. Il Mes va preso e subito ma se fossi la Germania non darei un centesimo senza certezze di come vengono spesi i fondi. La mattina, da imprenditore, mi alzo con un cieco ottimismo verso il futuro. L’Italia avrebbe tutto per essere la prima economia reale in Europa, invece stiamo scivolando sempre più giù: non ci meritiamo questo classa politica”.

Massimo Di Guglielmo, 16 luglio 2020

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