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Napoleone contro Cristo

In questo bicentenario napoleonico ricordiamone i “meriti”. Fu lui a salvare la Rivoluzione francese prima che si autodivorasse e a esportarne gli «immortali princìpi», lasciandoci in eredità l’accentramento amministrativo, nonché le province, i prefetti, i fasci littori, le aquile romane etc. E il Codice Civile (mai l’Ancien Règime aveva osato mettere il naso nel diritto privato) con matrimonio civile, divorzio, declassamento delle donne, sacralizzazione della proprietà privata eccetera. Infine, il suo modo di guerra basato sulla “romana” coscrizione obbligatoria che riversò sui campi di battaglia milioni di uomini sostenentisi col saccheggio, cosa che costrinse gli avversari a fare lo stesso per difendersi; così le forze in campo si equivalsero e il solo risultato fu l’aumento esponenziale dei morti. Arrestò ben due Papi e fece sostituire la festa dell’Assunta con un mai esistito san Napoleone, tolse dai troni i prìncipi del sangue per sostituirli con parenti e membri del suo clan. I soliti inglesi intervennero contro di lui solo quando la sua espansione minacciò quel che più hanno sempre temuto, loro e, poi, i cugini americani: l’instaurarsi di una potenza di portata continentale.

Le riflessioni di Napoleone su Gesù

In esilio (per non farne un martire) ma guardato a vista, finalmente ebbe tempo per pensare. E per paragonarsi al solo, nella storia, che era stato più in alto di lui. E c’era ancora: Gesù Cristo. Il succo di queste riflessioni è contenuto nel libro Conversazioni sul cristianesimo, di Napoleone Bonaparte (Edizioni Studio Domenicano, pp. 120, €. 10, prefazione del card. Biffi). Conversazioni con chi? Col generale Bertrand, uno dei tanti che lui stesso aveva promosso sul campo (magari facendogli saltare tutti gradi da caporale in su). Bertrand sarà stato anche un prode, ma come cervello non poteva certo paragonarsi al Genio còrso. Le sue idee sulla religione erano quelle, mal masticate e orecchiate, illuministe. E Napoleone gli fa presente, anche in modo rude, che Gesù era stato l’unico uomo nella storia a dire di sé: «Io sono Dio». Delle due l’una: o era pazzo o diceva la verità. E pazzo non era. La cosa sconvolgente, per Napoleone, è che «Gesù si aspetta tutto dalla sua stessa morte!». Non solo. Per tre secoli tutti i suoi successori sono morti ammazzati: «Dopo san Pietro i 32 vescovi di Roma che gli sono succeduti sulla cattedra hanno come lui subito il martirio». E, nell’accettare la carica, lo sapevano. Per tre secoli «tutti i re, tutte le forze della terra si trovarono da una parte»; dall’altra, uomini disarmati che innalzavano un simbolo assurdo: una croce. «Se il cristianesimo ha conquistato il mondo nonostante fosse inerme contro tutti i poteri e tutti i regni, significa che Colui che ha conquistato il mondo è vivo, ed è Dio!». Obiezioni tapine di Bertrand cui segue risposta indignata: «Ma quanti anni è durato l’impero di Cesare? Per quanto tempo si è mantenuto l’entusiasmo dei soldati di Alessandro?». Amara constatazione: «Quanto a me, i miei eserciti mi dimenticano mentre sono ancora vivo, come l’esercito cartaginese fece con Annibale. Ecco tutto il nostro potere di grandi uomini! Una sola battaglia perduta ci abbatte, e la disgrazia ci allontana gli amici». Invece, «i popoli passano, i troni crollano, e la Chiesa rimane! Qual è dunque la forza che mantiene in piedi questa Chiesa? Eppure è assalita dell’oceano furioso della collera e dell’odio del mondo!». Cristo? «Non ha ambizioni terrene (…). Gli sarebbe stato facilissimo esercitare una grande forza di seduzione e ottenere il potere». Per giunta, diversamente dai cosiddetti grand’uomini del passato, «Gesù non presta mai il fianco alla minima critica». Lo stupore di Napoleone è sincero: «Gli altri grandi, Alessandro, Cesare, Annibale o Luigi XIV, hanno conquistato il mondo e non sono riusciti ad  avere un amico, mentre Gesù, a secoli e secoli di distanza, ha folle di persone che lo amano e sono pronte a dare la vita per Lui!».

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