Cronaca

Naufragio migranti, testimone ribalta tutto: “Gli scafisti lo vietavano”

Le dichiarazioni del sopravvissuto alla tragedia di Cutro: “Ho cercato di bloccare gli scafisti prima che scappassero dal barcone”

Naufragio dei migranti a Cutro

Mentre, nell’arco delle ultime 48 ore, la Guardia Costiera ha salvato le vite di oltre 1.200 migranti nelle acque del Mar Mediterraneo, prosegue la ricostruzione della tragedia di Cutro. Se, fin da subito, l’opposizione ha puntato il dito contro il governo e la Guardia Costiera, colpevoli di aver ritardato le attività di immediato soccorso, sono le dichiarazioni di alcuni sopravvissuti ad inchiodare quell’alla politica, insieme ad una larga fetta di mainstream, che ha cercato di imputare i morti alle responsabilità di Giorgia Meloni.

Dopo la ricostruzione di Quarta Repubblica, che già a tempo debito aveva mostrato come gli scafisti, in prossimità della costa crotonese, decisero di non raggiungere terra ed anzi cambiare rotta per il rischio di essere arrestati. Ora, è la giornalista di Adnkronos, Elvira Terranova, ad aver raccolto nuove dichiarazioni dei migranti sopravvissuti. “Gli scafisti impedivano ai migranti, che gridavano per la paura sul barcone in balia delle onde, a pochi chilometri dalle coste di Crotone, di lanciare l’allarme per paura di essere arrestati. Poi, in piena notte, lo schianto sulla secca. E la fuga degli scafisti. Un testimone racconta di avere tentato di bloccarli, senza riuscirci”, afferma la giornalista dell’agenzia.

Ciò vuol dire che, a viaggio ormai terminato, quelle 79 vite spezzate non ci sarebbero state se – appunto – gli scafisti avessero seguito il “protocollo”, ovvero raggiungendo le coste del crotonese per far sbarcare i migranti a bordo. Ma il racconto non si ferma qui. Nei cinque nuovi verbali, visionati dall’Adnkronos, trasmessi alla Procura di Crotone, che coordina l’inchiesta, si rileva come i trafficanti avessero spento il motore dell’imbarcazione, senza navigare verso territorio italiano. Alle continue richieste dei migranti a bordo, gli scafisti non rispondevano e non chiamavano i soccorsi. Anzi, erano dotati di sistema elettronico che bloccava le linee telefoniche.

Per approfondire:

“Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio la barca ha cambiato più volte la velocità di navigazione, alcune volte accelerava, poi si fermava. A un certo punto, ho visto delle luci provenienti dalla spiaggia, in quel momento la barca stava navigando ad alta velocità, per poi virare repentinamente. Subito dopo questa manovra, l’imbarcazione si capovolgeva spezzandosi e imbarcando acqua“. Al momento dei segnali provenienti dalla spiaggia, gli scafisti si erano già allontanati dall’imbarcazione con un gommone. E ancora: “Dopo cinque giorni di navigazione – dice un altro sopravvissuto a verbale – sapevamo di essere in prossimità delle coste italiane, quando ho sentito un forte rumore, e da una falla nello scafo abbiamo cominciato a imbarcare acqua. Il livello di acqua sottocoperta è salito molto rapidamente, generando il caos”.

Ad oggi, sono quattro gli scafisti arrestati, tra cui si riviene un minorenne. Ma è possibile che ce ne fossero altri a bordo, come dimostrano le confessioni dei migranti sopravvissuti, i quali hanno cercato di bloccare e catturare i trafficanti di esseri umani sul barcone. “Quando gli scafisti hanno sentito che chiedevamo aiuto, hanno cercato di fuggire. Io ho provato a bloccarli – racconta un altro testimone – e in particolare ho cercato di fermare un turco, ma questi mi ha strattonato e si è tuffato in acqua. Ho provato la stessa cosa con l’altro turco, ma è riuscito a spingermi tuffandosi in acqua anche lui. I due turchi sono fuggiti a nuoto. Ho provato a bloccare anche il cittadino siriano, ma è sfuggito”. Un altro trafficante, invece, è riuscito a raggiungere le coste italiane, cercando di nascondersi in mezzo ai sopravvissuti, per poi essere riconosciuto dagli stessi migranti e segnalato alle Forze dell’Ordine.

Matteo Milanesi, 13 marzo 2023

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