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Né profeta né predicatore: Sven Goran Eriksson, gigante mite. Non mollare

Il calcio gli renda il giusto merito: con misura, senza retorica, ha innovato il calcio senza sposare nessuna religione

sven goran eriksson tumore © soccer field tramite Canva.com

Sven-Goran Eriksson ha appena annunciato di avere un brutto male, un cancro al pancreas, che gli lascia poco da vivere: un anno, forse, poco meno o poco più. “Tutti avevano capito che non stavo bene, immaginavano fosse cancro e lo è. Devo lottare finché potrò”.

La notizia, improvvisa, è uno choc per gli amanti del calcio. Svedese di nascita, italiano di adozione, globetrotter per indole e vocazione, Eriksson ha girato il mondo, ha insegnato calcio in tutte le lingue e ha legato il suo nome anche al nostro paese. Lo ha amato e l’ha fatto amare. A Firenze, Genova e soprattutto sulle le due sponde del Tevere di Roma.

Alcune grosse delusioni con i giallorossi, a cominciare dal campionato perso per un soffio, in un incredibile pomeriggio di follia, cominciato in un’atmosfera di festa anticipata e finito con una sensazione di surreale spaesamento. Poi, anni dopo, lo scudetto con la Lazio, grazie a una squadra di fuoriclasse e alla sua guida sicura, forte e mite al tempo stesso, che ha fatto gioire l’altra metà del cielo della capitale.

E proprio dai suoi ex giocatori della Lazio sono arrivate numerose manifestazioni di solidarietà e vicinanza. Couto, Veron, Pancaro. Il coro è unanime: “Forza Mister!”. Tante altre ne arriveranno.

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Ha vinto tanto, in Italia, ma anche in Svezia e in Portogallo. Da noi, oltre allo scudetto, anche quattro Coppe Italia e due Supercoppe italiane. In campo internazionale, una Coppa UEFA con il Göteborg, una Coppa delle Coppe (l’ultima della storia) e una Supercoppa europea con la Lazio. Un bottino niente male per uno che un tempo era soprannominato, ingiustamente, perdente di successo. Il successo se lo è meritato, altroché, a suon di vittorie, gioco spumeggiante, risultati.

Eppure non ha mai esagerato, ha sempre dato l’impressione di vivere il calcio con razionalità ed equilibrio, lontano dalle polemiche e dagli integralismi. Ha adottato stili di gioco innovativi, tatticamente all’avanguardia, ma non ha sposato religioni calcistiche: non si è sentito mai né un predicatore né un profeta, perché sa che nel calcio le prediche le porta via il vento e le profezie si rivelano spesso delle patacche.

Sven-Goran Eriksson ha dato molto al calcio, e oggi che si trova ad affrontare la prova più difficile è giusto che il calcio gliene renda merito. Con misura, senza retorica, come nello stile che lo ha sempre contraddistinto, tutti gli sportivi oggi non possono non dire “Forza Mister!”.

Marco Di Eugenio, 11 gennaio 2023

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