Niente lockdown e meno morti: Madrid batte Milano

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Oggi Il Corriere della Sera propone un interessante confronto tra la situazione Covid di due metropoli europee, Madrid e Milano. La capitale spagnola sarebbe protagonista di un “miracolo”, perché pur non avendo adottato il lockdown duro all’italiana, ha meno contagi (5.875 ogni 100mila abitanti, contro i 6.244 di Milano) e meno morti (98,8 ogni 100mila abitanti, contro i 136 di Milano) del capoluogo lombardo. Ma come è avvenuto questo “miracolo”, che dimostra concretamente – dopo una pletora di studi internazionali di tenore simile – come i lockdown, che piacciono tanto ai Roberto Speranza, ai Walter Ricciardi, ai Nino Cartabellotta, non solo non servano, ma siano anche dannosi, perché non salvano vite e distruggono pure l’economia?

Gli ingredienti del segreto madrileno sono essenzialmente tre, stando a un’analisi condotta da The Lancet. E ricalcano in larga parte alcuni suggerimenti contenuti anche nel recente libro di Luca Ricolfi, La notte delle ninfee, che analizza gli errori commessi dall’Italia nella seconda ondata di Covid.

Primo elemento: test rapidi di massa. Sono meno affidabili dei tamponi molecolari, ma è pur vero che, su 10 positivi che altrimenti non si sarebbero sottoposti ad alcun controllo, sono in grado di individuarne almeno 7. Sul tracciamento attraverso i tamponi, in Italia le idee chiare le aveva avute Andrea Crisanti, che fu il primo a disporne il massiccio impiego nei focolai veneti di marzo 2020, con ottimi risultati nel contenimento dell’epidemia. La scorsa estate, Crisanti era stato sentito dal governo Conte, cui aveva proposto un piano per arrivare, entro settembre, a 300mila-400mila tamponi al giorno (la cifra che solo da poche settimane l’Italia è stata in grado di raggiungere). Crisanti, però, è stato anche un fiero oppositore dei test rapidi. Che invece sono utili. L’esperienza dei Paesi asiatici lo insegna: se si vuole ridurre la circolazione del virus e quindi riportare sotto controllo l’epidemia, l’individuazione dei casi e il tracciamento sono fondamentali.

Secondo elemento, strettamente collegato al primo: l’analisi delle acque reflue nei quartieri di Madrid. Una tecnica che ha consentito di individuare subito focolai circoscritti e di procedere a micro chiusure repentine e brevi, che sono le uniche che funzionano. Da noi, invece, i lockdown sono generalizzati (anziché chirurgici), lunghi anziché brevi e, soprattutto, arrivano tardi, quando il loro impatto sulla diminuzione della curva sarà trascurabile.

Terzo elemento: l’affidamento sul buonsenso dei cittadini. L’elevato numero di tamponi e l’analisi delle acque reflue ha reso i cittadini più consapevoli dei rischi che correvano direttamente, nella loro realtà quotidiana e li ha anche resi più responsabili. Da noi, invece, si preferisce procedere con divieti incomprensibili, vessatori, che peraltro hanno un discutibile (anzi, mai discusso e mai dimostrato) effetto sulla circolazione del virus, come il coprifuoco.

Insomma, convivere con il virus si può. Si può ridurne enormemente la circolazione. E lo si può fare senza lockdown. Siamo sicuri che l’unica strada percorribile sia aspettare con le mani in mano che i vaccini compiano il loro, di “miracolo”?

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