C’è una regola molto importante nella deontologia giornalistica, secondo cui chi fa informazione deve attenersi ai fatti anche da un punto di vista di linguaggio. Deve ad esempio evitare termini o espressioni che “colorino” in modo improprio ciò di cui sta informando, di fatto alterandolo.
È il principio della continenza. Guardando il modo in cui in questi giorni, ma in realtà da sempre, parte dell’informazione tratta Marine Le Pen e di Rassemblement National viene da chiedersi: dov’è finito il principio di continenza? Buona parte dei giornali infatti descrive il partito francese e la sua leader come “estrema destra”. Lo fanno quotidiani notoriamente orientati a sinistra. Ad esempio Repubblica o il Fatto Quotidiano. Oppure Linkiesta che, in tono accusatorio, parla di “estrema destra illiberale”. E fin qui la cosa diciamo non sorprende. Curioso però è che anche agenzie stampa come ANSA o AGI, che dovrebbero essere neutre per definizione, usano l’espressione “estrema destra”. Ma un politico come Marine Le Pen è davvero definibile di “estrema destra”? Se ci basiamo sui fatti, cioè sulle politiche di Rassemblement National, no.
Nel programma del partito per le presidenziali 2027 troviamo: proposte per una maggior sicurezza, idee per interventi economici sul potere d’acquisto, la volontà di orientare sempre più la Francia verso l’energia nucleare e un atteggiamento di prudenza in politica estera. Nulla di “estremista” a ben vedere. È un’agenda politica in realtà molto simile a quella di altri partiti però definiti di “centro-destra”. Il punto centrale del programma, e quello più “controverso” se si vuole, è l’immigrazione. Il partito di Le Pen suggerisce l’abolizione del “diritto di suolo” (che attualmente permette ai bambini nati in Francia da genitori stranieri di ottenere la cittadinanza al compimento dei 18 anni), la limitazione dell’area Schengen ai soli cittadini Ue, e una restrizione dell’assistenza medica per gli immigrati privi di documenti, permettendo l’accesso alle cure solo in caso di emergenza.
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Sono proposte, queste legate all’immigrazione, che magari per alcuni possono essere sbagliate, ma che ancora non giustificano l’etichetta mediatica di “estrema destra”. Qualcuno potrebbe obiettare che però Rassemblement National deriva da Front National, il partito fondato dal padre di Marine, Jean-Marie Le Pen, più volte accusato di essere proprio di “estrema destra” (tutt’ora su Wikipedia ad esempio è così descritto). Tuttavia questo risulta un argomento insufficiente e fallace. Perché sposta l’attenzione su aspetti “storici”, secondari e irrilevanti rispetto ai contenuti politici. Per lo stesso motivo, poi, dovremmo allora descrivere il Pd italiano, ad esempio, come un “partito comunista”, solo perché, è noto, una sua parte deriva dal vecchio Pci. Sarebbe ridicolo farlo, o meglio: sarebbe propaganda.
Insomma, non si ravvedono motivi concreti per usare l’espressione “estrema destra”. Ciò nonostante, quando si tratta di Marine le Pen, svariati operatori dell’informazione assumono un linguaggio per l’appunto “colorito” che, nei fatti, coincide con quello della propaganda degli avversari politici di Le Pen (non solo francesi), che hanno tutto l’interesse a narrare lei e Rassemblement National come degli estremisti. Usare “estrema destra” significa evocare negatività, paura, senso di pericolo. Significa narrare che il partito di Marine Le Pen sta al di fuori di ciò che è “normale” o “accettabile”. In una parola: significa delegittimare. Forse nell’uso disinvolto di un’espressione così forte c’è una “critica” implicita, se così la si vuole chiamare. Ma la critica, legittima da parte di un giornalista, non può mai trasformarsi in una distorsione. E di certo un principio deontologico come quello della continenza non può e non deve essere sacrificato sull’altare del dissenso.
Chiedere a un politico di trattare con un po’ più di onestà intellettuale i propri avversari sarebbe probabilmente utopico. Ma a un giornalista no. È possibile dunque smettere di etichettare slealmente Marine Le Pen come “estrema destra”? È possibile applicare il principio di continenza, anche e soprattutto quando si scrive di qualcuno che non ci piace?
Andrea Giustini, 8 aprile 2025
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