Paola Cortellesi è sicuramente tra i personaggi del momento. La sua opera prima “C’è ancora domani” ha riscosso un successo incredibile, sbancando il botteghino e raccogliendo grandi elogi da parte della stampa (marchette comprese, ma è la normalità). Come spesso accade, l’artista è letteralmente ovunque tra piccolo schermo e giornali, tanto da inaugurare l’anno accademico dell’università Luiss Guido Carli. Del suo monologo sulle fiabe sessiste se n’è parlato parecchio, ma c’è un punto del suo discorso che ha fatto storcere il naso: l’immarcescibile patriarcato.
Sì, perché nel corso del suo intervento la Cortellesi ha parlato delle difficoltà incontrate delle donne, specialmente in passato: “La donna è isolata, allontanata da famiglia e amici, costantemente vessata, rapporti sessuali non consensuali, non è indipendentemente economicamente”. Secondo l’artista, le donne un tempo non potevano scappare e nessuno gridava allo scandalo, nemmeno le stesse donne. Secondo la Cortellesi, tutte – sì, tutte – le donne avevano sempre gli stessi compiti, ossia “servire, ubbidire, sopportare e tacere”.
Una generalizzazione folle, forse dettata dalla necessità di dare valore al suo intervento, o forse un po’ per quella specie di fenomeno che spinge chi è sulla cresta dell’onda di possedere la verità in tasca. I video del suo intervento sono diventati virali ed emergono con forza le stroncature rivolte alla Cortellesi. A stigmatizzare il suo credo, le sue certezze, sono proprio le nonne, ossia le protagoniste del suo monologo. E no, nessun patriarcato, ma tante testimonianze di libertà.
Leggi anche:
- “Ecco cosa le voglio dire”. La “letterina” di Cruciani alla Cortellesi
- Biancaneve e i sette patriarchi: che scemenza, cara Cortellesi
“Completamente discostati dalla realtà, i soliti radical chic… continuano a vivere nelle favole, le loro”, una delle stroncature – quella dell’utente Lisa – più applaudite sotto al video pubblicato dalla Stampa. Ma il racconto della Cortellesi è stato smontato pezzo per pezzo non da qualche paladino del patriarcato, ma dalle tante nonne che cinquanta o sessanta anni fa si sono realizzate pienamente: “Ho 80 anni, mai avuto difficoltà nel realizzare ciò che volevo pur provenendo da famiglia molto modesta. Ho voluto fare ciò che volevo fare. Esattamente come la Cortellesi”, racconta Mariarosa.
Le testimonianze sono tante, chi non fa i complimenti alla Cortellesi per il film – e non per il discorso – è perché stigmatizza il suo credo. Ecco una carrellata di critiche feroci: “Sono nata subito dopo la guerra…. sono cresciuta con in casa anche i nonni… ma non ricordo mai nulla di quello che ho visto nel film! Massimo rispetto per le donne di casa! Anzi quella che comandava nel senso buono era mia nonna! Tanto amore quello si! È solo una questione di educazione!”, “Fortunatamente nella mia famiglia, a partire dai nonni, non è mai successo niente del genere”, “Mia madre classe 1934, 3 figli, ha sempre lavorato lei, e mio padre classe 1930 stava a casa con noi, lei lavorava in ospedale, tra le prime donne patentate in città, e sicuramente la prima ad avere un automobile sua. Massimo rispetto tra loro e collaborazione, fiera di entrambi eravamo belli felici e spensierati”.
Un altro commento molto apprezzato dal popolo della rete è quello di Melania: “Cara Cortellesi, sono sposata felicemente da 45 anni e sposerei altre mille volte mio marito. Non tutti gli uomini sono come li descrivi tu ,ho avuto un padre meraviglioso e ho due fratelli affettuosi e molto presenti. Da noi il patriarcato non esiste perciò non generalizzare”. Molti utenti hanno sottolineato che, a differenza di quanto bofonchiato dalla Cortellesi, a comandare in casa sono sempre state le donne, dalle bisnonne alle mamme: “La mia nonna e la mia bisnonna comandavano a casa loro, e mio nonno e bisnonno ridevano spesso del fatto che ‘decide a parona’”. E ancora, in ordine sparso: “Forse vivevo in un altro paese, ma le mie nonne lavoravano entrambe, e per quanto mi ricordi io, tenevano anche il portafoglio di casa….”, “Ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare assiduamente tutti e tutte i miei nonni/e nati nel 1875: non mi ricordo della sudditanza delle nonne di fronte ai loro mariti. Non ne avevano il tempo, c’era da lavorare”, “Nella mia famiglia, partendo dalle nonne, tutto questo non è mai successo: mia madre non ha mai subito abbiamo sempre lavorato”. Potremmo continuare con decine di altri commenti, ma va bene così. Il messaggio è chiaro: il successo può dare alla testa, ma qui si è andati oltre…
Massimo Balsamo, 17 gennaio 2024