Politica

Okkupare è bello! Il video-spot di Ilaria Salis mette quasi paura

Per l’attivista di estrema sinistra le occupazioni sono uno “slancio generoso e collettivo”, ma l’importante – alla fine – è farla franca

Circola un video su di lei. Che se l’è fatto lei. O meglio, sarà stato qualche galoppino della nostra europarlamentare per meriti giudiziari. Siamo al Giambellino, quartiere milanese romantico ma degradato, e Ilaler Salis si aggira con gli occhioni sgranati per la concupiscenza: quanti palazzoni fatiscenti da okkupare! E va bene che lei ormai non ne ha più bisogno, a Bruxelles ha un bel bilocale in quota Ursula e probabilmente a canone zero, lei come noto disdegna di pagare l’affitto, pratiche reazionarie, fasciste, se ne vanta ed è anche per questo che oggi rappresenta le istituzioni; ma, si sa, il richiamo della foresta resta prepotente, atavico. E allora fa un video, tra spazzatura e termitai, a rivendicare la balordaggine: ma quanti begli alloggi madamadorè, son tutti da espropriare.

Siamo, insomma, allo spot per le occupazioni, cioè per l’illegalità: la lettura è un po’ andante, alla Chiara Ferragni, di cui la nostra è collega, per quanto di brand diversi. Senonché, anche questo è scontato, il medium è il messaggio. E il messaggio qui è schiettamente gaberiano, è la ballata di Ilaler Salis: Il suo nome era Salis Ilaria, In arte proletaria, Gli amici al bar del Giambellino, Dicevano: è precaria. Quarant’anni, assai pregiudicati, Una vita di guai, Fiutava intorno che aria tira, E non sgobbava mai.

Il resto è lo sconcertante avvilente blaterare di lotte, di movimenti, di spazi, di collettivi, mense autogestite, iniziative dal basso, tutte cazzate: oggi c’è l’udienza d’appello per i suoi colleghi okkupatori già condannati in primo grado e si decide se fosse o meno associazione a delinquere questa dei compagni che requisivano alloggi nei termitai organizzando un racket dell’abusivismo; questo è quello che preme, fosse mai fatta giustizia sarebbe un’ingiustizia, pertanto avanti con l’impunità; è evidente che la nostra salisiana esprime solidarietà a se stessa, del resto sai quanto le impipa, l’importante è farla franca, possibilmente mantenendo il ruolo della sovversiva ad usum cretini, i fannulloni in aura di militanti. Lo spot è agghiacciante, ma questa non sarà mai una persuasora, le basta la posa, tanto per fare, ad occhi sgranati.

Una simile “story” su Instagram pro domo Salis, comunque, illustra una curiosa, ennesima mutazione genetica: i parolai del tempo non hanno più bisogno di esprimersi, il loro è un flatus vocis senza pretesa di senso, una colonna sonora, irritante, ma superflua, per una retorica che si declina in apparizioni, in microsceneggiature. Ilaler scioglie i grani del suo rosario ultrapopulista ma nessuno la sta a sentire, è più incisiva, più efficace la ripresa dei sacchi di immondizia abbandonata, dei termitai desolati, la voce narrante è improbabile, infantile, puro sottofondo sonico miscelato al rumore del traffico. Pare un po’ una versione ruspante, amatoriale delle vecchie riprese di Ciprì e Maresco, ricordate? Sfondi atroci, di uno squallore indicibile, pasoliniano e, davanti, il panzone che scoreggiava. Ma dicevano fossero opere pregne di significato civile, di denuncia, di impegno.

Leggi anche:

Nel caso della salisiana pure c’è l’impegno: per restare in auge, per durare, forse anche per mentire, certamente per recitare, sapendo che se non ti manifesti ogni giorno sparisci; per quali pretesti poi non conta, con quale dubbio o pessimo gusto non rileva. Il medium è il medium. Una persona di elementare cultura e buon senso, sui 40 anni, un video così non lo fa, fa qualcosa di più meditato, di minimamente concreto: qui siamo all’eterno blocco adolescenziale, non c’è pretesa documentaristica, c’è il puro, allarmante narcisismo da scuola dell’obbligo, brianzolo, vagamente traballante.

Non c’è neanche l’uso malizioso dello smartphone come le steadycam d’antan, a simulare il neorealismo straccione, di stampo beatnik, è tutto così cheap, così buttato là, oltre i confini del trash; forse è proprio l’effetto centro sociale che si cerca e lo si trova quasi per eterogenesi dei fini, per pochezza congenita, per limiti strutturali, ne scaturisce un effetto deprimente, come un significante afasico senza significato. Quel guardarsi addosso, per fingere coinvolgimento, quel tono piatto, monocorde, narcotico per chi ascolta, meglio togliere l’audio. Quel cianciare di niente, per attaccare Aler, e si capisce, “gli enti gestori”, con cui questa avrebbe un conto aperto, ma stando bene attenta a non tirare in ballo mai, neanche di riflesso, le istituzioni a partire dal sindaco Sala o il compagno capogruppo Majorino che si è scoperto una vis guerresca. Il suo nome era Salis Ilaria, per niente proletaria, se mai incerta videomaker, esperta d’arte varia.

E ora via, più veloce della luce a Malpensa, che parte l’aereo parlamentare per Bruxelles: pagate voi, compagni, anche quello. Una capatina alla sede della Bce, un occhio alla app, bonifico pervenuto, tutto okay, altri ventimila sul conto, seguitemi per la prossima puntata, live from Askatasuna. Hasta l’avanspettacolo siempre.

Max Del Papa, 5 dicembre 2024

Nicolaporro.it è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis)

Iscrivi al canale whatsapp di nicolaporro.it
la grande bugia verde

SEDUTE SATIRICHE