Cultura, tv e spettacoli

Osanna nell’alto di Amadeus. Non gli bastavano i soldi, voleva le coccole

Dopo l’addio alla Rai, l’ex conduttore di Sanremo torna sul Nove. E subito fulmina la Rai ingrata, colpevole di non averlo salutato a dovere

© scyther5 tramite Canva.com

Se il significato di Amedeo, come da latinorum, è “uno che ama Dio”, allora Amadeus in arte Ama è uno che ama se stesso, uno che si ama credendosi Dio. Non Amadeus per dire Mozart, troppo poco: direttamente il Padreterno. L’epifania della metà di Ciuri in esordio a la9 ha del delirio onnipotentistico, sia pur di repertorio, la solita solfa dell’io non mi ripeto mai, per dire sono creativo più di Michelangelo, praticamente come Dio, “a 62 anni voglio sperimentare ancora cose nuove” e che ti propone? La antidiluviana Corrida di Corrado, il disco per l’autunno, le scatole da aprire e i quizzetti. Prosit! Eh, ma “sarà un evento”, e come no, se lo fa Ama è per forza qualcosa di epocale, di mistico, tipo camminare sulle acque, la moltiplicazione dei pesci che sarebbero gli spettatori. È che non ce lo meritiamo, l’Ama che si ama, così come non se lo meritava il sedicente servizio pubblico: «La Rai ha fatto di tutto per trattenermi economicamente, sulla scrivania c’erano due bozze contrattuali simili, sia in cifre sia nella durata. La Rai mi aveva proposto le stesse cose che ho oggi a Discovery ma dal punto vista puramente affettivo qualcosa evidentemente è venuto a mancare». E che? I bacini? I grattini? Cioè erano disposti a ricoprirmi d’oro ancor più di prima, però sono stati cattivi, che modi, “all’ultima puntata di Affari Tuoi non c’era neppure un dirigente”, e mecojoni. Son questi i veri problemi, lassa perde che il mondo balla sue due o tre guerre possibilmente mondiali, sconvolto da migrazioni epocali ed altre sciagure: la vera traggggedia, è che al congedo di Amedeo Sebastiani, crasi di Mozart e Bach dei pacchi, non erano tutti lì in ginocchio da lui. Sui ceci. E lui allora ha sollevato il nasino e se n’è andato dove lo seppelliscono di milioni, sempre, però col fiore in bocca.

Ma che gli ha preso, a tutti? Ma che è, sto farsi feticci da sé, si chiamino Ama, Ciuri o Ilaria Salis? Ma che, niente niente si credessero tutti dei Renzi, dei Calenda? Ma non bastava la pazzia in libera uscita di Grillo, uno che per anni ci ha preso in giro facendoci credere di esser balengo, e invece valeva l’aforisma di Marx (Groucho), “quel tale finge di essere un belin, ma non lasciatevi ingannare: lo è davvero”?

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“Qui tutti si credono Dio”, cantava Renato Zero tanti ma non troppi anni fa. Qui tutti si credono altro che Dio, però poi non hanno il coraggio di confessare certe debolezze terrestri e pedestri. Che ci viene a significare, l’AmaCiuri quando dice che in Rai non gli hanno voluto abbastanza bene? Eddai, è più facile che immaginare il governo tecnico con Gentiloni: lui voleva, vuole, reclama peso politico, cioè comando io e impongo il mio clan. Forse nella Rai di “telemeloni” non gli fornivano adeguate garanzie quanto a moglie incorporata e figlio che decideva lui le canzoni di Sanremo, Ama allo specchio pretendeva di istituzionalizzare la faccenda e adesso manda messaggi ai nuovi committenti: occhio, io sono Dio, mi amo in quanto tale e Iddio non si contraddice, tanto più che ha la sacra famiglia nella quale va compreso anche il Fiore, il Ciuri; a tempo debito, lui per ora resta “sul divano”, ma è tutta tattica per far lievitare quel che occorre, poi le cose si ricomporranno secondo verbo divino. La logica è quella del familismo moralistico, con un pizzino scritto a inchiostro simpatico ma che i capoccioni della Nove certo non avranno mancato di decifrare: «Non sono mai stato contattato da Mediaset durante il periodo di trattativa che ha determinato il passaggio dalla Rai a Discovery» est l’esatto contrario, occhio che a Dio lo vogliono tutti e se mi fate girare i santissimi ci metto niente a trasferire la baracca di là, con tanto di burattini.

Così vanno le cose, così devono andare. Di intrattenitori potenti ne avevamo sempre avuti, si pensi a Pippo Baudo, democristiano fin che è durata, ma di questa sconfinata presunzione, ancora no. Sono tempi di mutazioni genetiche, antropologiche: la finanza ha preso il posto della produzione, inglobando tutto, i manager si sono imposti sui politici, degradati al ruolo di esecutori; adesso i presentatori dettano legge ai manager dall’alto dei propri successi commerciali, finanziari. Dunque politici. E il cerchio si chiude. Santo, Santo, Santo è l’Amadio dell’Universo, i format e gli sponsor sono pieni della sua gloria, osanna nell’alto del naso.

S’era capito coi 5 Sanremo in scia al woke, all’ideologia dominante, all’Ama che dettava sorrisi, canzoni e de gustibus, che riceveva prima la Ferragni, come una principessina non ancora caduta dal trono, quindi il Capo dello Stato con Benigni giullarmente convocato al nuntio vobis: la Costituzione è tornata, la ritiriamo fuori dall’armadio, i giorni del coprifuoco sono finiti (per ora, ma non illudetevi). Abbiamo sempre sostenuto che Sanremo fosse faccenda politica, quindi finanziaria, più di ogni altra teleliturgia. Quello che a molti non risultava chiaro, erano i reali rapporti di forza: il vero monarca non era Mattarella, era Ama. E anche se alla tivù pubblica non ci sta più, ma un giorno tornerà, come secondo avvento, il suo potere ormai è universale, non patisce confini, i suoi moniti tornano a fulminare la Rai ingrata, i suoi usurpatori come il De Martino che pare piaccia alle Meloni. Dio è simpatico, bonario, anche tollerante, “lento all’ira e prodigo di misericordia”, però non fatelo incazzare perché allora non conosce più amici o nemici e risponde solo a se stesso. E comunque non è vero che perdona, alla fine chi deve pagare in un modo nell’altro paga. Sempre. È parola di AmaCiuri, rendiamo grazia ad AmaCiuri.

Max Del Papa, 17 settembre 2024

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