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I ritratti di Max del Papa

Pancerina Di Maio: l’ex spiantato divenuto Sistema

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Com’è che faceva Paolo Panelli in “Grandi Magazzini”? “Si fa presto a dire una pancerina!”. Infatti, le opzioni sono tante, uno si confonde: lana-lana, cotone-cotone, cotone-lana, lana-cotone… Ecco, Luigi di Maio da Pomigliano d’Arco è la pancerina della politica: caldo, confortevole, rassicurante, però double face, difficile da indossare perché opinabile, cangiante nella continuità.

“Si fa presto a dire di Maio!”. Anni a ripetere che era una nullità, un vuoto a perdere, una bottiglietta allo stadio san Paolo, oggi Maradona, e intanto lui saliva a bordo, cazzo, galleggiava, trasbordava, e durerà, oh se durerà. Volete farmi la Wikipedia delle gaffe, degli sfondoni? Volete ricordare, per l’ennesima volta, Pinochet del Venezuela, mister Ping della Cina? Volete rispolverare gli attacchi – nessuno li ricorda più ma il nostro mestiere è anche la memoria – alla “lobby del malati di cancro”? Le mille incoerenze, dalla lotta alla casta all’imbarco dei paesani, come Alessia Montanino (“Chi mi critica è sessista, prenderò 72mila euro ma meriterei il doppio perché lavoro in due ministeri”) o dei compagni di scuola come Dario de Falco, già promosso alla segreteria di palazzo Chigi? Volete mettere in fila i salti mortali, dalla spedizione a Gaza (rifiutata, per forza, si era portato il fior dell’antisemitismo grillino…) a “noi stiamo con Israele”, dai gilet gialli a “con Macron senza tentennare”, dall’impeachment a Mattarella alla santificazione di Mattarella, dall’abolizione della povertà a “il reddito di cittadinanza è stato un errore”, e questa è freschissima? Accomodatevi, tanto per me è solo mitologia: non avendo una morale, sono catafratto ad ogni immoralità e me ne nutro per alimentare la leggenda.

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Altro che bibitaro, fessacchiotto, analfabeta: Giggino ha capito, prima e meglio degli altri della sua generazione, l’antica arte della resilienza, come restare spostandosi di lato, come persistere in mutazione perenne restando se stesso. Anticasta castissimo ma rotto a tutti i compromessi: beh, che altro è la politica? Non si pratica a questo modo dai tempi delle puttane delle Piramidi?Azzimato, ma lo chiamano “’o Cazzimmato”, per quel cinismo garbato e feroce di stampo andreottiano. Basta guardargli gli occhi: due laghi fondi, inespressivi, da squaletto. Non ti attaccherà mai frontalmente, ti girerà intorno in cerchi sempre più stretti e, al momento giusto, scatterà felpato.

Ce l’aveva con le lobby, ma si è fatta la sua, Draghi è andato al Meeting dei ciellini leccatutto e, con umorismo bancario carogna, ha detto che di Maio ha contribuito al processo di pace essendo un ministro straordinario. Lui, neanche una piega, anzi ringrazia con deferenza cazzimmata: i banchieri passano, io resterò, oh se resterò. Hic manebimus optime, che sarà anche latinorum ma quel che c’è da imparare io lo imparo, glielo riconoscono pure i detrattori: Luigi sa stare al mondo. Il competitore diretto, lo sparafucile guevarista, Di Battista, è rimasto senza casa, con un pugno di fave in mano, lui non solo ha mollato la casa, ma ne ha fondata un’altra. Con chi? Col “partito di Bibbiano”, naturalmente, quello che egli considerava il Male totale. Volete dire che fa schifo? Accomodatevi, per me è tutta leggenda. È la politica, bellezza, e, come sbraitava Lino Banfi al “Bar dello Sport”, io non ci torno allo stadio a fare plin plin con le bottigliette. Tiene le sue ragioni, pur isso adda campà.

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Bene, possibilmente. La vita è una giungla, lui ce l’ha fatta: Pomigliano prendeva 59 voti, alle primarie grilline 189 che gli bastano a entrare nel Paese dei Balocchi: partito da una società di profilazione dati, da una setta di un comico, è arrivato alla Farnesina e a forza di girare il mondo impara la geografia, impara a non confondere più Austria con Australia: perché, certe influencer che vaneggiano di aborti proibiti che fanno di meglio? Certi reggipalle del potere in fama di giornalisti, in cosa sarebbero meglio? Di Maio è solo uno che ha capito, si è adeguato, e vuol durare, a qualunque costo: dagli torto, con questi chiari di luna. La pancerina del Viminale: gliene dicono di ogni, insinuano perfino sulle attitudini erotiche, sulla presunta fidanzata dello schermo; lui, imperturbabile, sempre più c-azzimmato. E non replica, secondo lezione del vero potere. È passato da Conte a Draghi (e al prossimo, vedrete)? Dal Movimento alla staticità più risoluta? Embé? Travaglio può anche divertirsi a chiamarlo Giggino ‘a Poltrona, ma Giggino, con sorriso da squalo, manda a dire: che dobbiamo fare qui? Rendere note le tariffe a piè di lista dei grillini foraggiati da Putin? E non è una insinuazione giornalistica di ringhiera, badate bene. Difatti nessuno attacca “il rinnegato”, “il traditore”: qualche colpetto di cipria, i primi giorni, ma oh quanto tengono mascherinata la bocca gli ex compagni di setta! E anche il loro organo ufficiale gira alla larga.

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‘O Cazzimmato sorride gelido e impeccabile: dite che non so far niente? Meglio, così non faccio danni. E se Draghi intende sfottermi alludendo al complesso di Murri, il medico che promuoveva i peggiori per risaltare meglio, ebbene si accomodi: alla fine sarà lui a scontare le responsabilità ed io lo azzannerò al momento giusto. Senza neppure dovermi sistemare la cravattina, che non mi tolgo neanche quando faccio la doccia. Perché la cravatta, sient’ammè, può essere il cappio al quale ti appendo e io di cravatte ne ho una collezione da fare invidia a Douglas Mortimer.

Max Del Papa, 28 agosto 2022

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