In merito all’incresciosa vicenda del duello rusticano tra Donald Trump, spalleggiato dal vicepresidente J.D. Vance, e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, la penso come Nicola Porro. Ho fin qui apprezzato molte delle decisioni del Tycoon, orientate a cambiare profondamente la rotta del suo grande Paese, ma questo non mi impedisce affatto di ritenere un comportamento inaccettabile quello adottato nei confronti non solo di Zelensky, bensì dell’intera Ucraina, il cui popolo incolpevole sta subendo sulla propria pelle una guerra scatenata dagli invasori della russia.
In tal senso, ci tengo in modo particolare a precisarlo, un vero liberale non dovrebbe mai perdere il proprio spirito critico, contrariamente a quanto accade in ogni campo quando i singoli si associano spontaneamente ad una qualsiasi tifoseria. E quando questo accade, in cui si valutano i fatti secondo un rigido partito preso, si realizza quel meccanismo psicologico delle masse, lungamente analizzato dai luminari delle scienze umane e sociali, nel quale gli individui che vi fanno parte tendono attraverso la potenza della suggestione reciproca a perdere ogni barlume del medesimo spirito critico.
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Tant’è che nella vicenda in oggetto la massa spontanea dei tanti cospirazionisti antioccidentali, che in questo momento individuano nell’Europa il centro del male – dal momento che Trump sembra aver adottato la linea di Putin, considerato dal molti di tali cospirazionisti una sorta di paladino della libertà -, ritengono più che meritato l’inverosimile trattamento riservato a Zelensky nella Sala Ovale, convinti che l’Ucraina non sia un Paese sovrano aggredito dalla soverchiante potenza russa, ma il responsabile principale della guerra in atto da oltre 3 anni.
Ora, se a questa poco tranquillizzante presa di posizione dell’attuale capo supremo degli Stati Uniti aggiungiamo l’altra questione preoccupante dei dazi, inaccettabili per qualsiasi liberale, non possiamo certamente sentirci rassicurati in merito al prossimo futuro. C’è infatti il rischio che il decisionismo dell’attuale amministrazione statunitense, che sembra animato da una certa improvvisazione e impulsività, in stile elefanti nella cristalleria, crei più danni dei benefici che promette di realizzare, destabilizzando del tutto un quadro geopolitico in cui il fronte occidentale è sempre stato piuttosto coeso.
Da questo punto di vista, una cosa è pretendere un maggiore impegno dell’Europa sul piano della propria sicurezza – da questo punto di vista Trump ha ragione da vendere – ; altra è mandare in pezzi una storica alleanza attraverso il sacrificio dell’alleato ucraino e il varo di una politica forsennata di dazi la quale non può che far regredire il sistema economico globale.
Claudio Romiti, 3 marzo 2025
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