Politica

Più femminista di così si muore: il Pd di Elly elegge tutti maschi

Il caso abruzzese scalda le deputate dem: “Serve una riflessione”. Che brutto colpo per la “femminista” Schlein

schlein voto abruzzo © ADragan tramite Canva.com

Sarà chiaro pure ai miscredenti: più femminista di così, nessun partito mai. La leader è una donna, anche se arrivata dopo Meloni ma vabbè. L’imprinting stile “Non una di meno” viene garantito da profluvi di dichiarazioni, anche se poi ai cortei dell’8 marzo prendono di mira pure il Pd-alleato-di-Israele. Ma che vuoi che sia. E poi vuoi mettere? Al Nazareno c’è pure una “Conferenza delle donne del Pd“, che proprio quattro giorni fa ha eletto la sua portavoce alla presenza di Elly Schlein. Insomma: mettete fiocchi rosa nei vostri cannoni. Peccato, però, che poi sui territori accada sovente che candidati ed eletti appartengano al genere sbagliato. Quello maschile. L’ultimo – clamoroso – caso è targato Abruzzo dove il Pd è riuscito nello straordinario successo di eleggere sei consiglieri regionali, tutti uomini.

Apriti cielo. E infatti Valeria Valente non ha mancato di far notare il paradosso democratico, che da anni straparla di quote rosa, maschilismo, sessismo e femminismo e poi si ritrova prima a nominare solo ministri maschi (governo Draghi) e adesso a portare un eccesso di testosterone nel consiglio regionale abruzzese. Ovviamente bisognerebbe prendersela con gli elettori dem colpevoli di aver ricoperto di preferenze i maschietti e non le femminucce, il che sarebbe antidemocratico visto che ognuno vota chi vuole. Ma la vera ipocrisia sta tutta nel presentarsi come partito delle donne, pretendere di fornire agli avversari patenti di femminismo e poi ritrovarsi con un pugno di mosche (maschie) in mano.

Per carità: Schlein sa bene che la sua elezione “non risolve i problemi” di sessismo “sui territori” e sogna davvero un Pd pienamente “femminista”, qualsiasi cosa voglia dire. Vogliamo credergli: da tempo invita infatti le sue deputate a battersi soprattutto quando “il partito sbaglia”. Sarebbe però arrivato il momento di smetterla col predicare bene e razzolare male. Di pensare meno all’inutile guerra sulle desinenze delle parole e più alle questioni serie visto che, con ogni evidenza, sono proprio i dem a soffrire un deficit di rappresentanza femminile. Se come ripete Elly esiste una differenza tra “leadership femminile e femminista”, e il risultato è quello di ritrovarsi con tutti eletti maschi, allora forse meglio affidarsi al modo di fare di questa destra becera, maschilista e sessista. Che avrà tutti i difetti del mondo, ma almeno una donna a Palazzo Chigi è riuscita a portarla.

In fondo non c’è da stupirsi. Su Repubblica, all’alba della sconfitta del centrosinistra in Abruzzo, un cronista che risponde al nome di Francesco Bei aveva ben spiegato il cortocircuito rosso. Anzi: rosa. Pur di convincersi che, tutto sommato, le elezioni non erano andate poi così male, il giornalista riteneva che l’operazione Luciano D’Amico fosse andata alla grande, permettendo al Pd di trovare un leader regionale degno del caro vecchio Prodi, capace cioè di unire le anime più diverse del presunto campo largo. “Una figura che in sé sembra racchiudere le caratteristiche di una leadership di segno opposto a quella di Meloni: inclusiva e non divisiva, gentile, incapace di aggressione agli avversari. Una leadership più ‘femminile’ di quella della prima premier donna d’Italia”. Se considerano D’Amico più donna di Meloni, come vi stupite se poi vengono eletti solo i maschi?

Giuseppe De Lorenzo, 14 marzo 2024

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