Politica

Premierato, cosa insegna il ciclone Trump

Immagine generata da AI tramite DALL·E di OpenAI

Mentre il mondo osserva con preoccupazione gli effetti del secondo mandato di Donald Trump, in Italia si discute di una riforma costituzionale che punta a rafforzare il ruolo del presidente del Consiglio attraverso l’elezione diretta da parte dei cittadini, ma attenzione: non tutti i modelli sono uguali. Trump, tornato alla Casa Bianca con un’agenda aggressiva strapremiata dagli elettori, sta adottando decisioni economiche che stanno destabilizzando il sistema globale: dazi, isolamento commerciale, ritiro da accordi internazionali e tensioni con gli storici alleati occidentali. I mercati crollano, l’inflazione cresce, e la fiducia nel ruolo degli Stati Uniti come guida dell’equilibrio mondiale vacilla.

Eppure, nessuna istituzione americana può fermarlo. Il presidente non è soggetto a fiducia parlamentare e l’unico strumento formale per rimuoverlo — l’impeachment — è una procedura eccezionale, di natura giurisdizionale e sostanzialmente impraticabile in assenza di fatti gravissimi. Da noi, per fortuna, il disegno di legge sul premierato va in un’altra direzione. Pur introducendo l’elezione diretta del presidente del Consiglio e un premio di maggioranza che garantisca governabilità, la proposta approvata in Senato mantiene la possibilità di sfiducia parlamentare. Un meccanismo che consente, almeno una volta a legislatura, anche di sostituire il Premier con un altro esponente della maggioranza o, in alternativa, di tornare alle urne. Non è un sistema bloccato né un salto nel buio presidenzialista all’americana: è un rafforzamento dell’esecutivo nel solco della democrazia parlamentare.

Scampato quindi il pericolo dell’inamovibilità del premier, forse, una norma di chiusura che potrebbe completare questo equilibrio sarebbe quella che introducesse, accanto alla sfiducia parlamentare, una forma di sfiducia popolare. Un meccanismo di revoca tramite referendum, ispirato a quello degli attuali referendum abrogativi, che permetta agli elettori di revocare il mandato al premier in caso di tradimento del programma, abuso di potere o gravi responsabilità politiche. Infatti, se il premier viene scelto direttamente dai cittadini, appare congruo che — in casi eccezionali e con gli adeguati, elevati quorum — gli stessi cittadini possano revocargli la fiducia. Sarebbe un modo per chiudere il cerchio della sovranità popolare, senza cadere nell’instabilità, ma senza neppure cristallizzare il potere nelle mani di chi ha “semplicemente” vinto le elezioni.

Giorgio Carta, 30 aprile 2025

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