La Costituzione più bella del mondo? Quella di Fiume

7.8k 4
generica_porro_1200_3

Abbiamo la Costituzione più bella del mondo e non lo sappiamo. No, non ci stiamo riferendo a quella del 1948 ma ad una promulgata esattamente cento anni fa, oggi: la Carta del Carnaro. Come illustra il costituzionalista Giuseppe De Vergottini nel suo recentissimo volume La Costituzione secondo D’Annunzio (Luni editrice) essa era del resto molto avanzata per quei tempi, anche se forzatamente limitata.

E con l’anniversario della Carta si chiude anche una fase di convegni e di festeggiamenti per il centenario: uno dei principali è stata la Festa della Rivoluzione italiana, tenutasi negli scorsi giorni a Pescara, città natale del poeta.

Un nome che non avrebbe potuto essere scelto meglio: l’esperimento di Fiume è infatti quanto di più vicino vi sia al modello di una rivoluzione (conservatrice) italiana. E come tale continua ad essere una fonte di ispirazione, le condizioni si sono totalmente cambiate ma, come ha spiegato Gaetano Quagliariello in una bella relazione letta alla settimana pescarese, i punti di contatto e di similitudine tra un secolo fa e oggi non sono solo apparenti.

Senza entrare nel merito della Costituzione fiumana, scritta prevalentemente dal sindacalista rivoluzionario nazionale, Alceste de Ambris, ma con interventi di peso dello stesso Comandate, potremmo dire che la sua attualità sta nella idea dei “produttori”.

Nella Carta rientra infatti tutta la riflessione sui produttori sviluppata, su influsso di Georges Sorel, nel sindacalismo rivoluzionario francese ed italiano di inizio Novecento. Contemporaneamente, di produttori avevano cominciato a trattare molti esponenti del nazionalismo italiano, che si trovarono d’accordo su molti punti con i sindacalisti soreliani, pur essendo questi di estrema sinistra e i nazionalisti di destra, già prima dello scoppio della Grande Guerra. Fu però nelle trincee reali e ideali che l’incontro tra il rosso del sindacalismo rivoluzionario e il “nero” dei nazionalisti diede i suoi frutti. E rosso-nera in qualche sorta è stata la rivoluzione italiana di d’Annunzio e della Carta del Carnaro.

Per i sindacalisti rivoluzionari, diventati “nazionali” durante la guerra, e per i nazionalisti, bisognava superare la lotta di classe tra borghesia e proletariato e creare il patto per rafforzare un’economia nazionale, in cui gli interessi dei produttori trovassero spazio; e con produttori essi intendevano tanto imprenditori quanto operai. L’alleanza dei produttori doveva rafforzare la nazione e contrapporsi agli elementi parassitari, burocratici, assistenzialistici, socialistici, che bloccavano le energie del paese.

Un programma, pur nella evidente diversità della situazione, del tutto attuale nella sua impostazione etico-politica: oggi difendere i produttori di ricchezza, gli imprenditori, i commercianti, le partite Iva, i lavoratori autonomi ma anche i dipendenti delle imprese, è un’opera di resistenza e di riscatto nazionale che riguarda tutto il paese.

Il futuro dell’Italia passa infatti dalla tutela dei produttori, è quindi problema economico come problema di produzione. Per questo la politica dovrebbe porsi come prima obiettivo quello di eliminare ogni tipo di vincolo che la freni. Nessuna deriva assistenzialistica, che si tramuterebbe in parassitismo, ma totale sostegno alla produzione. Difendere l’interesse nazionale equivale a difendere i produttori e difendere i produttori significa difendere l’interesse nazionale.

Per questo il piano economico non è separabile da quello strategico. Il conflitto tra Stati Uniti e Cina per la supremazia mondiale non è un fatto congiunturale, ma è destinato a durare per molto tempo e influenzerà decisioni e posizionamenti dei maggiori Stati. L’Italia, come gli altri Paesi europei, non può rimanere indifferente o peggio scivolare verso la Cina, come talvolta sembra stia facendo: noi invece diciamo, come ha fatto di recente il segretario alla Difesa americano, che l’Italia deve collocarsi in un rinnovato asse atlantico imperniato su Stati Uniti e Regno Unito.

Se però i produttori sono quelli che abbiamo visto a Cernobbio, c’è poco da essere ottimisti…

Marco Gervasoni, 8 settembre 2020

 

 

Ti è piaciuto questo articolo? Leggi anche

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version