Quirinale, la verità dietro quinte: il cazzeggio dei grandi elettori

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Secondo giorno di votazione per il Quirinale basta attraversare al mattino piazza Navona per trovarli seduti al sole come leoni marini spiaggiati o grossi rettili a sangue freddo, sono i Grandi Elettori. Molti cercano di riprendersi dalla fatica di aver infilato in un’urna un foglio bianco, altri si compiacciono di aver votato un ex magistrato un poco picchiatello, qualcuno crede di essere stato spiritoso votando Amedeus o Vespa, tutti hanno un’aria esausta ma compiaciuta.

Ma è muovendosi tra Pantheon, piazza di Pietra e piazza Sant’Eustachio che li si vede nel loro brodo. I Delegati regionali, con una vaga aria da gita premio, sono i più eleganti e compunti evidentemente meno abituati a certe mollezze romane, mentre i “vecchia scuola” si distinguono per il mezzo toscano masticato di primo mattino e i “nuovi” si riconoscono per l’età e per i vestiti troppo attillati.

Le categorie dei Grandi Elettori sono principalmente due: i sottobraccisti necessariamente in coppia e peripatetici e i capannellisti, piuttosto stanziali, che misurano il loro successo in base alla capacità attrattiva che esercitano ben piantati di fronte e dentro ai palazzi del potere. In questa girandola di baci, abbracci e strette di mano, si nota un gran traffico di staff e sottobosco politico mentre, tranquilli come sempre, si aggirano i commessi e gli uomini della sicurezza consapevoli della loro serena inamovibilità sindacale.

I giornalisti e le telecamere a piazza Montecitorio attirano i grandi elettori come il miele e mentre i big e i volti noti sono chiamati, desiderati e contesi, il peone grande elettore, speranzoso di poter dichiarare in favore di telegiornale, ignorato dai più, continua il suo peregrinare in prossimità di giornalisti minori in attesa silente di una opportunità di esternazione. La speranza principale è la maratona Mentana che, nel dipanarsi lento ed insulso di ore di diretta, potrebbe rivolgere la sua attenzione anche al triste peone, sempre disponibile malgrado sia infreddolito dal lento passeggiare in compagnia di qualche altro non protagonista.

I big non si vedono, rintanati nei loro uffici al palazzo del Parlamento, mentre i big minori stazionano nelle hall degli alberghi limitrofi mentre fanno ambulatorio alla ricerca di anime morenti, perchè come Pavel Ivanovič Čičikov nella Russia Zarista acquistava le anime morte dei servi della gleba defunti per accrescere fittiziamente il suo capitale, così i nostri cercano di acquisire a sé le anime morenti del gruppo misto e degli scemi del villaggio, per acquistare peso in future trattative. Gli strumenti sono sempre gli stessi: promesse di seggi improbabili o la minaccia delle elezioni anticipate che li priverebbe del ruolo, dello stipendio e della tanto agognata pensione.

Non faccio nomi ma nella mia passeggiata sono tanti i volti noti che, braccati da annoiati giornalisti, accelerano il passo fintamente indaffarati e disturbati da cotanta insistenza.

Il rito Quirinalizio, più bizantino che da conclave per la manifesta assenza dello Spirito Santo e di qualunque forma di intelligenza superiore a ispirare e guidare le scelte, si ripete per la quattordicesima volta, più che mai assurdo per le conseguenze del Covid che ne dilata ulteriormente i tempi, dando un palcoscenico anche alla sciocchina ex scemi del villaggio, sana ma priva del green pass, che fermata sulla porta senza poter votare, non trova di meglio che chiamare i Carabinieri minacciando di invalidare la votazione o all’ex radicale, da anni esperto vogatore berlusconiano, che indossando calzini con disegnate foglie di cannabis ne posta la fotografia seduto in transatlantico, un gesto di straordinario coraggio e potenza evocativa degno di Rosa Parks.

In un florilegio di selfie twittati o di foto postate dopo l’uscita dal moderno catafalco anti covid, a testimonianza di aver fatto il proprio lavoro “con dignità e onore”, la sensazione principale che se ne ricava è quella di un generalizzato “cazzeggio” tra la superficialità e la sensazione di partecipare ad una recita senza i protagonisti sul palco.

Le voci si rincorrono, le riunioni si susseguono, le dichiarazioni si smentiscono, in una cacofonia insopportabile mentre avanza, come sempre in queste occasioni, il sondaggio che dimostra come gli italiani vorrebbero eleggere il loro Presidente direttamente: che gli Dei ci proteggano e visto come il popolo seleziona i suoi rappresentanti, forse è ancora utile il bizantinismo quirinalizio, nella speranza che nel mucchio ci sia qualcuno capace, del cretinismo collettivo che forse eleggerebbe realmente Amadeus.

Antonio De Filippi, 25 gennaio 2022

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