Società

Ricercatori impazziti: “I nomi dei dinosauri sono sessisti e xenofobi”

Il delirio woke colpisce pure i nominativi di alcuni esemplari estinti che risulterebbero troppo maschili e appartenenti all’era del colonialismo

dinosauri razzismo lgtb © nancydowd, Peopleimages.com e Science Photo Library tramite Canva.com

Dinosauri poco inclusivi. No, non siamo al comitato centrale di “Proletariato Bocconiano”, né al quartier generale del nuovo partito di Santoro, bensì sulla prestigiosa rivista Nature. Un team di paleontologi, probabilmente reduce da una settimana poco impegnativa, ha incominciato a questionare riguardo i nomi dei dinosauri, chiedendo nuove linee guida all’ICZN (International Commission on Zoological Nomenclature) allo scopo di rendere i nomi più inclusivi. Bisogna sapere che, mentre nel mondo nella chimica i nomi degli elementi sono standardizzati (anche se tutti maschi, bisognerebbe aprire un dibattito su questo), la zoologia permette un approccio più fantasioso nel nominare una nuova scoperta. Le linee guida dell’ICZN sono piuttosto blande, motivo per cui uno scienziato che scopre una nuova specie animale può darle il nome che vuole, a patto che non ne esistano altre con lo stesso nome, un po’ come accade quando si registra un’azienda.

Quindi immaginate di essere il paleontologo William Buckland, che nel 1824 scopre lo scheletro di quello che sembra essere il predatore più grande che mai abbia calpestato il globo terrestre, ed in un guizzo di virile esaltazione lo nomina Megalosaurus. Non va bene, innanzitutto perché è un nome dall’etimologia greco-latina, quindi riferita a quella civiltà europea colonialista e schiavista che tanto male ha portato in giro per il mondo, inoltre perché è un nome maschile, le dinosaure non dovrebbero avere gli stessi diritti degli altri? Non è uno scherzo, sono queste due delle obiezioni che il team di paleontologi ha sollevato. Inoltre, molti dei nomi di dinosauri si riferiscono all’aspetto fisico dei medesimi, come Triceratops (letteralmente: “faccia con tre corni”), o Stegosaurus (“lucertola tetto”, per via delle grandi placche sul dorso simili alle tegole usate per coprire i tetti delle case inglesi). Questo è problematico, perché catalogare qualcosa a partire dall’aspetto fisico non fa che perpetuare stereotipi razzisti, e sarebbe bene istituire nuove linee guida per evitare questa vergogna.

I nomi dei dinosauri sotto accusa sono il 3% del totale, che su circa 1500 specie ad oggi scoperte sono un bel numero. “Noi non stiamo proponendo di cambiare tutto dall’oggi al domani – ha detto il paleontologo argentino Evangelos Vlachos, uno dei promotori dell’iniziativa – ma di rivedere criticamente quello che abbiamo fatto in passato, cercando di correggere le nostre scelte future”. L’istituto ICZN non ha per ora dato segnali di apertura per rinominare le specie, ma molti, come il paleontologo Paul Barrett del Museo di Storia Naturale di Londra, si dicono aperti ad un nuovo approccio, dando, ad esempio, più riconoscimento ai nomi indigeni dei luoghi dove i dinosauri sono stati scoperti, al contrario del passato quando i nomi riflettevano il volere degli scienziati del “Nord Globale”.

È probabilmente solo questione di tempo prima che anche Jurassic Park venga riscritto, tutti i dinosauri dell’isola sono femmine, ed il fatto che scatenino un casino inenarrabile non potrebbe essere un refuso del luogo comune secondo cui le donne non sono capaci di andare d’accordo? E perché ci ostiniamo a chiamarlo Tyrannosaurus Rex? Dov’ è la regina? Gli zelanti paleontologi avranno sicuramente una risposta a queste domande fondamentali, in attesa che un meteorite li colpisca.

Pietro Molteni, 23 febbraio 2024

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