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Risparmiateci la melassa su Kamala Harris

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Vi prego, il birignao da terrazza romana sull’Obama donna, no! Rischiamo infatti, da qui alle elezioni di novembre, di essere investiti dai fiumi di melassa, quella attorno alla candidata alla vice presidenza Kamala Harris. Tripla melassa: la retorica della donna. Poi della donna di colore. Infine della immigrata. Tutti elementi peraltro solo parzialmente veri, tranne il primo: Kamala è donna, e pure gradevole ed elegante, tra l’altro. Eppure aspettiamoci tutta l’insopportabile litania sul “tetto di cristallo” che si infrange, cioè sull’arrivo ai vertici del potere politico di una donna. Con il consueto correlato ipocrita che il tetto crolla solo allorché la donna è di sinistra: ché se Marine Le Pen e Giorgia Meloni, tanto per fare due nomi, andassero al potere altro che tetto di cristallo, si dovrebbero, secondo gli ottimati rossi, richiamare in servizio i partigiani.

La seconda retorica è quella della nera. È cosi nera Kamala? Secondo i sostenitori della purezza razziale alberganti nei Black Lives matters e tra i teorici della negritudine, pochissimo: la madre era indiana, il padre giamaicano. Pedigree nero molto poco accentuato. Soprattutto, da procuratore generale e poi da senatrice della California, la Harris non si è mai molto interessata alla vita della comunità black, a cui di fatto non appartiene per nulla. Anzi, durante le primarie, dove era uno dei candidati centristi, dalla sua sinistra la accusarono di avere a suo tempo comminato pene pesanti a imputati neri. Anche la storiella della figlia di immigrati lascia il tempo che trova. Papà e mamma di Kamala non sono arrivati in California attraversando la frontiera illegalmente; il padre è un professore di economia a Stanford, una delle principali università americane. La madre, una ricercatrice di studi sul cancro presso quella di Berkeley.

Kamala è la classica rappresentante della élite cognitive che, assieme all’oligarchia della Silicon Valley, ha trasformato la California in un feudo dem. Una Hillary Clinton più carina e simpatica (non ci vuole molto). Considerando l’età e le condizioni neurologicamente non ottimali di Biden, molti pensano che il ticket sia più importante che in passato e che la Harris abbia più probabilità di altri suoi predecessori di diventare presidente degli Stati Uniti. E quindi ora i media mainstream e progressisti cominceranno a dipingere una Kamala molto diversa dalla reale: non quella favorevole alla mano pesante contro la criminalità e l’immigrazione clandestina, ma una sorta di paladina del Blm e dei rivoltosi che hanno messo a ferro e fuoco Chicago e Portland. Ma non pensiamo il gioco possa convincere i radicali, l’estrema sinistra, che si trova come candidati Biden, un vecchio arnese della destra democratica, ora riscopertosi persino anti abortista, e una figura moderata della filiera Clinton-Obama.

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