Russiagate, la crisi di nervi di Salvini e l’attacco di Conte

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Sul “Russiagate” c’è un aspetto molto più grave rispetto ai quattro amici al bar dell’hotel Metropol che farneticano di petrolio. Ed è realistico pensare che si tratti di chiacchiere in libertà blaterate all’ombra del Cremlino. Uno dei partecipanti, il giovane businessman K. Malofeev, ha finanziato questo gruppo di sovranisti di destra che fantasticavano di ipotetiche alleanze tra la Lega e la Russia, ma non sapeva che gli uomini del FSB, ex KGB, lo avevano attenzionato da tempo, monitorando le sue conversazioni e i suoi movimenti visto che si era montato la testa tanto da voler creare un partito di opposizione a quello di Putin. I magistrati che indagano sapranno certamente chiarire i fatti, poiché qualsiasi trattativa di questo tipo si svolge in studi legali altamente qualificati, non certo nel luogo più microfonato di Mosca tra un blinis e un bicchiere di vodka.

Di questa vicenda ciò che è ancora più sconcertante però è la tenuta di nervi di Matteo Salvini e ancora peggio il comportamento pilatesco del Premier Giuseppe Conte e dell’altro Vicepresidente, Giggino Di Maio, i quali hanno alimentato ad arte la polemica a beneficio del loro inguaribile ego. Può un Paese essere governato da un trio che non perde occasione per rintuzzarsi? Questa bagarre l’ha alimentata Salvini, il quale, all’improvviso, sembra dimenticare che siamo nell’era dei social network, proprio lui che con i social ha creato la sua fortuna. Anziché affermare che della riunione non sapeva nulla, come è verosimile che sia, si è messo a sottilizzare sul suo sodale di mille incontri, Gianluca Savoini appunto, tradendo un’amicizia e consegnandolo al feroce tritacarne mediatico.

È caduto in un trappolone utilizzato chissà da quanti servizi di intelligence di varie potenze che seguono le sue mosse, ognuno con un proprio intento. Che Salvini non reggesse psicologicamente una situazione di crisi lo si era già visto durante il caso Diciotti ed era un terreno a lui favorevole, ma che inanellasse tanti errori in così pochi giorni era impensabile. C’è da credere che il successo troppo rapido e uno staff non all’altezza siano tra le cause di questo momentaneo ko. A ciò si aggiunga il comportamento dei suoi due principali ‘compagni di merende’ che hanno approfittato del passo falso per metterlo alla berlina con precisazioni puntigliose.

Conte, ancora una volta, da avvocato degli italiani si è trasformato in un pm di provincia, pronto a tirar fuori la ‘cartuscella’ ad effetto. Giggino, dal canto suo, si è messo a dare lezioni di democrazia sul ruolo del Parlamento, proprio quell’istituzione che il suo partito ha sempre mortificato, sostituendolo con la piattaforma Rousseau ed espellendo i parlamentari non allineati.

Salvini dovrebbe andare in Parlamento a dire che a questo punto il rapporto di fiducia con i grillini si è esaurito, tanto la Flat tax e l’autonomia, così come le chiedono i suoi elettori, non si faranno mai, nonostante il lungfo tavolo di ieri al Viminale intervallato da inutili conferenze stampa. Gli italiani sanno bene come funziona il circo che è stato montato su questo farsesco “Russiagate”, ma il Capitano, se continua a sbagliare e a non controllare i suoi nervi e le sue reazioni, rischia di finire davvero nel Pantheon.

Luigi Bisignani, Libero 16 luglio 2019

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