Scanzi: caregiver “a sua insaputa”

Spuntano i verbali con gli sms tra medico e Usl, per i carabinieri quel giorno non c’erano dosi avanzate

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Privo di titolo. Eh, lo sospettavamo. Non responsabile. Anche questo lo sospettavamo. Padre, non perdonarlo perché non sapeva quel che faceva. Chi? Il caregiver per allegria, il Guittino d’Arezzo (in senso teatrale, nobile sia chiaro: non altro), quello che si considera, da solo, “la rockstar del giornalismo italiano”. L’è lu? L’è lu? Sì sì l’è propri lu, el tamburo principal della banda del Fatto, Andrea Scanzi alias il saltafila. Ricordate, quello che il 21 marzo scorso, festa del papà, passò a farsi inoculare, che non ne poteva più, smaniava, la rockstar temeva di farsi la bua: e sì che, neanche un anno prima, così definiva il Covid: “Un raffreddore, porca di quella puttana”. Linguaggio rude, da rockstar.

Poi però s’è preso paura e, da vera rockstar dannata, s’è bucato di brutto, nel senso che le modalità non parvero precisamente cristalline: ci fu un po’ di scarmazzo, polemicuzze, poi si sa come succede in Italia: un po’ di vittimismo al selz, una spruzzata d’oblio, e tutto passa, ovvero torna come prima. In marzo le dosi erano ancora scarse, ma non per “Scarsi”, come lo chiama Sgarbi: fu sospettato di avere messo su una gabola per non aspettare il suo turno, di essersi fatto passare per caregiver di genitori malandati: tutte volgari insinuazioni, ma come si poteva anche solo pensare, proprio lui, coscienza civile e sociale, ma soprattutto social, che in collegamento da una beauty farm di Bolzano, a 500 km dal borgo natio (un caregiver telepatico) ribadiva il suo scrupolo di figlio modello, roba da “Libro Cuore”, in un vortice di accorata delusione per l’ingratitudine popolare, follower inclusi: “Gli italiani dovrebbero ringraziarmi”.

Gli italiani più che altro lo mandarono a scopare il mare. Lui, dopo un breve surgelamento, tornò alle ribaltine di Otto e Mezzo, Carta Bianca e affini, e tutto pareva dimenticato. Senonché sono usciti, diffusi da AdnKronos, i verbali dell’inchiesta che lambì la rockstar, e che, buon per lui, si sta chiudendo con una archiviazione già annunciata: beh, c’è da impazzire. La ricostruzione l’ha già fatta, in modo precisissimo, Il Giornale, qui andiamo per sommi capi. Lo Scanzi, riferiscono i carabinieri, era privo di titolo, insomma non gli spettava il becco di una fiala: “Risulta evidente come il 19 marzo 2021 il dottor Giglio Evaristo abbia determinato la vaccinazione di Andrea Scanzi il quale non aveva titolo per potervi partecipare. Infatti le disposizioni in materia rimarcavano la necessità di inserire nelle liste di riserva solo coloro che appartenessero alle categorie ammesse alla vaccinazione”. Nella stessa informativa, ad maiora, i militari chiariscono che la rockstar di Astrazeneca “non risiede con i suoi genitori, i quali sono autosufficienti per stessa ammissione dell’interessato (…). Egli non li assiste né nessuno dei due ha mai chiesto di essere riconosciuto come disabile grave, ai sensi della legge 104/1992, art. 3 comma 3”.

Già questo chiuderebbe il discorso per overdose d’imbarazzo, senonché, riportano sempre i militari, “la documentazione presentata dal direttore di zona distretto Usl, dottor Giglio Evaristo, sia nell’ambito dell’istruttoria interna dell’azienda Usl, sia in sede di escussione presso questi uffici, attestante la disabilità grave” della mamma di Andrea Scanzi, corrisponde “ad un’omonima”. Caregiver di una che non era sua mamma. Neanche Achille Campanile ci sarebbe potuto arrivare. E che il vergatore di imprescindibili tomi su Salvini, Renzi e i “fasci” si percepisse proprio come un caregiver esemplare, non c’è dubbio, visto che se lo diceva addosso: “Caregiver familiare, figlio unico di genitori giovani ma purtroppo fragili per cartelle cliniche che non sto a raccontarvi”; e ancora, via social: “Essendo figlio unico ed essendo ritenuto dall’Usl caregiver familiare” [e] “avendo due genitori nella categoria fragili, avrei comunque potuto vaccinarmi grazie a un’ordinanza regionale”.

Eh, no: un par de palle. Sempre da verbale, l’infermiere che accolse l’illustre rockstar pronta all’inoculazione al Centro Fiere e Congressi di Arezzo ha tutt’altra memoria: “Quel giorno il nominativo di Andrea Scanzi e dell’avvocato non erano presenti sulla lista cartacea che mi era stata consegnata al mattino”. Tanto che, sempre secondo gli atti prodotti dagli investigatori, “per lo Scanzi il personale amministrativo non sapeva in quale categoria inserirlo e si rivolse a me per avere delucidazioni. In quel momento, non sapendo come operare chiamai telefonicamente Giglio per avere indicazioni su come concludere il processo vaccinale e il dottore a questo punto mi chiese quali erano le categorie del menù a tendina che il sistema ammetteva ed io gliele elencai tutte. Al momento in cui pronunciai la parola ‘caregiver’ il Giglio mi disse di inserirlo tra loro e così feci”.

A getto continuo, sgorgano retroscena gustosissimi, da Atellana: Maccus, Buccus, Pappus, Dossennus e Scanzus: l’irriverente penna aretina che comunica al medico di base la sua fretta, precisando pure la marca (Astrazeneca), il dottor Romizi lo mette in contatto con il responsabile dottor Giglio, parte un maelstrom di telefonate e messaggi che culmina in una operazione coperta degna di Le Carrè: “Non sono ancora riuscito ad inserirlo perché lui è persona nota… Lo devo sistemare in condizioni di tutta sicurezza (…) Non prenda impegni mercoledì pomeriggio. Domani le faccio sapere orario. Per precauzione, vista la sua notorietà, ci spostiamo al distretto di Monte San Savino. Dovrebbero avanzare delle dosi”. Continua il medico Giglio, candido come il fiore: “Credo dopo le 17… avrei pensato di andare insieme con la scusa di un sopralluogo conoscitivo da parte di un giornale e avanzando la dose si passava al vaccino…”. Nome in codice: Vax. E già l’idea del vanesio Scanzi, uno che si farebbe paccare il popò pur di non restare senza attenzione, s’intrufola furtivo e paludato di nero, come Cattivik, pur di non farsi riconoscere, vale da sola il prezzo del biglietto.

Ahi ahi ahi, signorino Scanzi, mi sei caduto proprio sul vaccino. Insomma, era caregiver? Lui vorrebbe, non vorrebbe, ma, se può… Della genitrice? No, di una omonima; gli era stata somministrata una dose avanzata? Neanche: secondo i militari, il giorno X “[non risultavano] dosi avanzate, tenuto conto che la somministrazione di vaccino Astrazeneca permetteva di usare dosi contenute in fiale già iniziate anche il giorno successivo”. Come la mettiamo, caro Andy? Ma via, gli è tutto un qui pro quo: “Non assistevo i miei genitori – avrebbe in seguito spiegato il raffinato polemista nonché rinomato sommelier ai carabinieri – ma resi noto che entrambi erano nella condizione di essere considerati fragili per patologie pregresse”. Insomma, l’infermità aprioristica, come categoria dello spirito. Da cui il fraintendimento: ma quale caregiver, chi ha mai parlato di caregiver (beh, beh…)? Al limite, un caregiver percepito, come la temperatura, il riscaldamento globale, il greenpass, il governo Monti, la matrice rockstar. Mamma mia che confusione! O per esser più aderenti, un burdell trement’.

E va beh, tanto è bastato alla Procura di Arezzo, che ha intenzione di chiudere il caso e cum grano salis, perché ci mancherebbe pure di sprecare soldi e tempo per una cazzata simile: so’ ragazzi, so’ rockstar… A questo punto, però, dati causa e pretesto e le attuali conclusioni, delle prossime sparate del ragazzo spazzola se ne assumono la responsabilità le zie rosse, Lilli e Bianca: lui, notoriamente, è privo di titolo. Parola di carabiniere, nei secoli fedele.

Max Del Papa, 3 dicembre 2021

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