Sciopero generale, ma il sindacato è in agonia

Cgil e Uil vanno avanti con la mobilitazione. Ma ormai chi rappresentano i sindacati?

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Landini o Ferragnez? Questo è il dilemma. Quando si evoca la concertazione, si pensa a un Paese che non esiste più. Nemmeno nella componente della rappresentanza sindacale, che deve essere “unitaria” per giustificare un grande tavolo condiviso. Da una decina di giorni a questa parte si è consumata una frattura che ha precedenti drammatici, ma che oggi viene raccontata quasi con banalità, come se la posizione della Cisl – contraria allo sciopero generale – fosse irrilevante. Atteggiamento ancora più incomprensibile se sposato da molti rappresentanti del governo, che riproponendo la necessità di un confronto con il sindacato, non capiscono (o fingono di non capire) che ormai “il” sindacato non esiste più. E preferiscono aprire al “nemico” piuttosto che sposare l’”amico”.

Chi rappresentano i sindacati?

La premessa è troppo breve per giustificare il dilemma: Landini o Ferragnez? Ci vogliono ancora due parole per arrivare alla spiegazione. La fine dell’unità sindacale sulla proposta di sciopero generale introduce un dubbio ulteriore, oltre quello della soggettività plurale del mondo sindacale. Quanto rappresenta il sindacato che chiama allo sciopero generale e che molti vogliono come interlocutore essenziale del Governo, nonostante lo strappo?

Entriamo in una palude dove i dati sono pochi e scivolosi. E ne siamo consapevoli. Al netto dei pensionati (ormai la maggioranza dei tesserati di molte confederazioni) gli iscritti della Cgil sono poco più di 2,5 milioni (auto-dichiarazione). Circa 1,5 quelli della Uil (sempre auto-dichiarazione). Quindi Cgil e Uil insieme rappresentano circa 4 milioni di lavoratori, meno del 20% del totale, se ci limitiamo a contare i lavoratori dipendenti. Più o meno il 15% se dovessimo fare il conto di tutta la forza lavoro del Paese. E il 25% dei pensionati.

Meglio i Ferragnez della Cgil

Poca cosa, in termini quantitativi per pretendere la centralità del confronto sindacale. E se dovessimo dire che anche il sindacato non si conta, ma si pesa, ci permettiamo di dire che molte altre organizzazioni nel Paese possono vantare un grande peso, morale, di valori, di impegno sociale: perché non ammettere la Caritas alle consultazioni sulla Legge di Stabilità?

Se invece la questione è quantitativa, dovremmo ammettere che la rappresentanza sociale è liquida quanto lo sono i rappresentati. Valgono di più le tessere poste sul tavolo da Landini (e Bombardieri) o i 30 milioni di follower della coppia Ferragni-Fedez (Ferragnez)? Non è solo una provocazione. E’ la proposta di una riflessione: in base a che cosa Cgil e Uil devono poter essere considerati interlocutori essenziali del Governo? Pedigree? Quarti di nobiltà?

E poi stendiamo un velo pietoso sulle adesioni reali alle agitazioni: l’ultimo sciopero nella scuola (lo scorso 10 dicembre, ovviamente venerdì) ha convinto il 6-7% del totale dei lavoratori, insegnanti e personale Ata. Sarebbe un serio problema di consenso, se dovessimo parlare di partiti. Ma forse è proprio il nanismo dei partiti che rende gigante il profilo di Landini. Se una volta la Cgil era la cinghia di trasmissione del Pci in fabbrica, oggi il Pd (e qualche scheggia del M5S) sembra volersi appoggiare sul sindacato e su quel che ne resta, per ribadire la sua presunta centralità politica.

Che l’inversione dei ruoli sia avvenuta, lo si comprende anche ascoltando le parole di Landini, che per giustificare lo sciopero generale ci tiene a precisare che non si tratta di uno sciopero contro Draghi, ma contro i partiti della maggioranza che hanno contestato Draghi sul prelievo “di solidarietà”. Uno sciopero politico, ma non contro tutti. Un intervento politico sulla scena politica sempre più inquieta, alla vigilia del pasticciaccio brutto del Quirinale.

Ma siamo sicuri che al tavolo del Governo debba sedersi Landini e non la coppia Fedez-Ferragni per rappresentare di più e meglio il popolo italiano?

Antonio Mastrapasqua, 14 dicembre 2021

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