Se anche Casalino molla Conte

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La fine del governo Conte è la cronaca di una morte annunciata, non certo per questioni tutte da chiarire sul fronte della giustizia, ma perché l’esecutivo non è mai riuscito a fare squadra. Di molti le colpe. Dal mix di vanità ed inesperienza del Premier a ministri improvvisati che a stento parlano tra di loro, e due vice, ingombranti come Salvini e Di Maio, che entrano a gamba tesa nelle competenze istituzionali dello stesso Premier e dei loro colleghi. Un clima bellico che capi di gabinetto e gran commis respirano sconcertati e attoniti.

È una fotografia impietosa ma reale dei palazzi del potere, dove una babele di voci si riversa su Conte che, di fronte alle rimostranze dei suoi Ministri per provvedimenti che non vengono approvati, non fa che ripetere in modo ossessivo: “Non ti preoccupare, fidati di me”. Fiducia totale ricevuta fino ad oggi ma che sta crollando giorno dopo giorno, tanto da destare la preoccupazione del Capo dello Stato. Se anche un uomo paziente e preparato come Giancarlo Giorgetti ripete monocorde di non poterne più, la misura è colma.

Accantonando un attimo le divergenze politiche dei giallo-verdi, forse si è arrivati ad un grado così alto di incomunicabilità anche perché Roberto Chieppa, magistrato ordinario della Corte dei Conti oggi Segretario Generale della Presidenza, ed Ermanno De Francisco, capo del Dipartimento affari giuridici , non sono riusciti ad imporsi nella complessa macchina burocratica.

A creare gran parte del disorientamento nei primi mesi è stato certamente Rocco Casalino, il grande fratello portavoce, per i suoi modi rudi ed invadenti non solo con il timorato avvocato Conte, tirato per la giacchetta, ma verso tutte le strutture ministeriali. Da settimane però ha abdicato pure lui al suo ruolo e non si fa quasi più vedere a Palazzo, lasciando campo libero a Mariachiara Ricciuti, abruzzese di Miglianico, con un passato che va dalla destra a Di Pietro. Ma neppure lei soddisfa più Conte, tanto che riservatamente viene cercata, con l’aiuto di dirigenti del Dis, una figura con una caratura più internazionale ora che il premier sta puntando tutto sui rapporti esteri, scavalcando sistematicamente il ministro Moavero Milanesi, il quale non l’ha neppure affiancato in Parlamento durante l’informativa sulla Libia, la cui gestione resta una delle pagine più contraddittorie di questo esecutivo dove tutti sono contro tutti.

Conte contro Tria, Salvini contro la Trenta, Toninelli e la Grillo isolati, Di Maio. Tutti ancora contro Tria che pure sapeva fin dall’inizio che reddito di cittadinanza, quota cento e Flat tax erano inconciliabili salvo portare il deficit, e non la crescita, oltre il 4% e il debito al 200%, come lo stesso Mef ha già stimato. Lontani i tempi quando Andreotti, ministro degli Esteri, versava da bere al suo Premier Bettino Craxi, o quando D’Alema gestiva nel suo governo personalità di grande spessore come Mattarella e Ciampi diventati poi Capi di Stato, o Lamberto Dini che ancora oggi porta i suoi ministri a cena, o Stefania Prestigiacomo e Franco Frattini del governo Berlusconi, insieme in macchina in una tappa della MilleMiglia o Enrico Letta che portò addirittura in ritiro i suoi colleghi. Forse a Conte abbiamo chiesto troppo. È ora di tornare a votare prima che questi ministri si prendano a schiaffi tra loro

Luigi Bisignani, 21 aprile Il Tempo

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